17 Maggio 2017 - 18:25

1993 Il Cielo sopra Roma, la recensione delle prime due puntate

recensione

1993, la recensione delle prime due puntate della seria ideata e interpretata da Stefano Accorsi

Non molto tempo fa Mad men si collocava tra le serie più poderose, eleganti e caratterizzanti degli ultimi dieci anni. “Sex. Lies. Storyboards” era la sua tagline di partenza, corruzione, personaggi riflessi nella grande Storia americana. Passaggio dal particolare al generale, molti vizi e poche virtù. Dopo 1992 la serie ideata da Stefano Accorsi, creata e scritta a sei mani da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sordo e diretta da Giuseppe Gagliardi cambia la sua cifra finale diventando 1993, per arricchirsi di un altro tempo, direttamente successivo a quello appena finito e appena trascorso.

Ritroviamo gli stessi protagonisti con uno scarto di tempo minimo. Leonardo Notte (in una delle scene più barocche e potenti dell’intera serie) nell’hotel Raphael a fumare sigarette contro i vetri di un’Italia arrabbiata, delusa. La caduta di un Dio (riprendendo parole da un titolo di uno dei capolavori del cinema di Visconti) chiamato Craxi. Poi, il preludio all’ascesa di Berlusconi.

Ritroviamo anche gli altri: Pietro Bosco, Veronica Castello, Luca Pastore e Beatrice Mainaghi (forse lei, troppo poco). Se le prime due puntate di 1993 confermano la profonda serietà di uno dei prodotti di qualità più alti della serie tv italiana, confermano anche la sua magniloquenza, un’esagerata solennità di stile, spesso vuota e a volte fastidiosa.

Di certo la serie di Stefano Accorsi adesso è più consapevole, è più radicata nel noir e si permettere un’atmosfera più buia e affascinante, stessa atmosfera dei perdenti, dell’oblio della moralità, dell’equilibrio esistenziale messo a repentaglio dei suoi antieroi per eccellenza. Ma proprio quando la narratività diventa imponente e incalzante, le interpretazioni e la sceneggiatura svuotano di senso alcuni discorsi che da essere profondi si intasano di stile e di barocco, sempre alla ricerca dell’immagine giusta e della patina ultra chic e pulita che fa a botte con tematiche sporche.

E’ vero anche che alcuni colpi di scena sono macchinosi e forzati, non oleati bene. Di 1993 insomma si può dire tutto tranne che sia perfetta, ma forse il suo più grande fascino è teso all’imperfezione. C’è reale attitudine alla ricostruzione maniacale (e questa sì, perfetta) dei contenuti, della cronaca, e della Storia mai soggettivizzata e sempre esposta a un’analisi analitica.

Si cade nel sentimentalismo e nelle didascalie, nella verbosità di frasi fatte, sentite e risentite, riciclate da questo e da quest’altro. 1993 non è Mad men, e un prodotto del genere in Italia ce lo possiamo sognare, ma preferiamo pensare che tra le discrepanze ci sia un potenziale che le accosti.

C’è uno Stefano Accorsi che si fa non solo guida e promotore della Storia d’Italia, Virgiliano nel suo incedere lento, presenza- assenza cangiante, Sopra il cielo di Roma, passa da un girone all’altro tra amoralità, possesso, corruzione, inganno e mistificazione del potere. Si ricomincia da qui, finisce il preludio, si riparte dal Presente, scuotendosi addosso il Passato.