7 Gennaio 2017 - 15:36

Aborto, è cambiato qualcosa dopo la legislazione del ’78 ?

aborto

Il 17 maggio del 1978 in Italia si votò per 5 referendum abrogativi, di cui due sull’approvazione dell’articolo inerente all’aborto

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Aborto. “La maternità non è un dovere morale. Non è nemmeno un fatto biologico. È una scelta cosciente.” Così recita una frase nel romanzo di Oriana Fallaci, “Lettera a un bambino mai nato“. Un romanzo che rende protagonista una futura madre e il suo bambino. Una lettera che mette in luce tutte le paure, ansie, inadeguatezze di alcune donne di fronte alla scoperta di diventare madre.

Non tutte le donne hanno il bisogno, il desiderio di diventare un giorno madri, di ricoprire un ruolo che determina inevitabilmente soddisfazioni ma anche tante responsabilità. Non tutte le donne hanno la disponibilità di tempo, di denaro, di volontà, nell’essere disposte a cambiare la propria vita per mettere al mondo un altro individuo, un altro essere umano che incontrerà la gioia, la conoscenza, ma anche le difficoltà,  le inadeguatezze, le sofferenze.

Può sembrare una scelta cinica, priva di qualunque amore verso il prossimo, ma in realtà racchiude solo un modo di vivere e di pensare dissimile da ciò che in genere si pensa. La donna è colei che mette al mondo un’altra vita, ma questo non significa necessariamente che debba portare a compimento il dono che la natura stessa le ha riservato.

Si può anche scegliere di non farlo, perché qualora questo diritto non venisse garantito, non è solo la vita della madre a diventare più difficile e sofferta, ma sopratutto la vita del nascituro il quale, nel corso del tempo, capirebbe di non sentirsi accettato.

Storia della maternità

Prima del 1978 la donna non aveva alcuna libertà di scelta di fronte alla propria maternità. La legge italiana non accettava la concezione di aborto, l’uccisione di una nuova vita per il benessere di una già esistente. Per cui colei che desiderava interrompere la gravidanza, era severamente punita con la reclusione.

Al tempo ci furono tanti scontri fra l’opinione pubblica: vi erano taluni che accettavano l’idea di introdurre una legge che permettesse alla donna di scegliere sulla propria vita, e altri invece, i cattolici, che erano contro ad una legge  che permettesse questo “omicidio”. La donna quindi, era sempre vittima di decisioni altrui, di accuse, di discriminazione. Ancora una volta era soggetta al supplizio. 

In seguito a questi conflitti sociali, il Partito Radicale propose un referendum proprio sull’approvazione di una legge che rendesse lecita la decisione di abortire di fronte a gravidanze indesiderate. Ebbene, il 17 maggio del 1978 il popolo fu chiamato a votare a ben 5 referendum abrogativi, di cui due sull’interruzione di gravidanza. Vinse il sì.

Cos’è cambiato oggi?

Da allora il progresso ha introdotto un nuovo modo di pensare e di agire, ed apparentemente la donna sembra aver conquistato la sua libertà, ma purtroppo non è ancora così. La discussione sull’aborto sfiora molte ideologie ed investe molti punti di vista diversi, innescando piccole bombe che esplodono appositamente per ferire la donna, qualunque sia il suo tipo di scelta. 

Ciò che la donna vuole non è  non diventare madre, ma avere autodeterminazione: decidere in tutta libertà se e quando avere un figlio, senza  che qualcun altro che siano la società, i parenti o i conoscenti decidano per il suo utero, in virtù di un famigerato orologio biologico, oppure di assurde considerazioni tradizionaliste, secondo le quali la donna “non sarebbe completa senza un figlio”. 

Una donna è completa in quanto essere pensante, che decide per se stessa.  Sarà mai in grado di disinnescare gli ordigni del giudizio che continuamente esplodono nelle sue mani, così come impedire che qualcuno possa disporre del suo apparato riproduttore?

Non è forse questa un’ennesima forma di violenza? [ads2]