23 Luglio 2015 - 18:40

Amy Winehouse, quattro anni dopo

Il 23 luglio del 2011, la cantante britannica Amy Winehouse fu trovata senza vita nel sua camera al numero 30 di Camden Square, borgo londinese

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Un’artista unica, intensa, emozionante, ragazza bianca, ma con la voce “nera” e da quel particolare colore retró e jazz della sua musica, travolta dai bizzarri meccanismi e dalle dipendenze delle celebrità che cambia la vita e la trasforma in una gabbia, dorata sì, ma dalla quale è difficile uscire.

Quattro anni dopo la sua scomparsa, arriverà in Italia, precisamente il 15, 16 e 17 settembre, in occasione del compleanno di Amy, il documentario-film “Amy – The Girl behind the Name”, del regista inglese Asif Kapadia, (che ha suscitato l’ira del padre della rockstar, Mitch Winehouse).

Amy Winehouse, timbro magnifico e perfetta musicalità, è morta a 27 anni, dopo essere diventata famosa nel 2006, dopo l’uscita di “Back to black”.

Personaggio tormentato sì, ma pur sempre una persona. A volte lo si dimentica, ma è così, perché Amy esisteva ancora prima di diventare il fenomeno Amy Winehouse.

La cantante è morta così, un cocktail casuale di droga e alcool, quando la sua vita si trasforma in un insieme di cliché sul rock e sulle sue maledizioni, un nome da aggiungere alla lista degli artisti maledetti.

Amy invece no, lei è morta d’altro, una ragazza non muore di droga se non lo vuole davvero; forse è morta perché non sorrideva più.

Forse è morta anche prima, quando la rockstar tatuata e nascosta dietro una riga spessa di eye-liner, ha cominciato a prendersi troppo della sua vita.

O forse Amy è morta d’amore, vittima del suo cuore per aver amato la persona sbagliata, Blake.

D’altronde ce l’aveva insegnato lei: “Love is a losing game”, l’amore è un gioco al quale si perde sempre.

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