22 Novembre 2016 - 19:20

Il caffè, lo specchio, la barca: ah, che rebus!

rebus

La canzone Rebus (1979) di Paolo Conte dura poco più di due minuti.

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Velocità silenziosa ed esaustiva.

Una pennellata d’autore che sopra un letto di pianoforte e riflessioni, insegue il senso della visione.

La sfida è di quelle che l’avvocato appassionato di enigmistica, tra uno sberleffo compiaciuto e un bemolle sornione, è certo di poter vincere: il rebus, uno dei tanti affrontati e risolti al riparo delle colline astigiane, grazie a una fulminea intuizione.

Sì, proprio un lampo giallo al parabrise.

Mentre rimugina tasti e pensieri, s’impegna ad accordare immagini con significati.

Cercando di te.

Il baffo che custodisce la voce filtrata attraverso sabbia e whisky, biascica il tema del rebus: cercando di lei, per l’appunto.

images

Un vecchio caffè. Con dentro uno specchio. Nello specchio, il mare. Dentro il mare, una piccola barca.

Gli indizi scenografici sono questi.

La sigaretta abbandonata in preda alla riflessione, s’involve in volute di connessioni.

Seconda quartina.

Un altro caffè. Con dentro uno specchio. Nello specchio, il mare. Dentro il mare, una piccola barca.

Le dita sul pianoforte interrogano con maestria ripetizioni, rimandi.

Una prima barca che porta ad un secondo caffè. Il suggerimento di un’altra traversata, con l’ennesima barca pronta per lui, sempre alla ricerca di lei.

Il sorriso della comprensione. Il tempo di un mugolio risolutore.

Il giro in cerca di lei, è turistico. L’amore agognato, il tema del rebus, è una mistificazione. E già perché, rivela il Maestro, chi affitta le barche è anche il padrone di tutti i caffè.

Conflitto d’interessi incompatibile con la liberalità dell’amore.

Compiaciuto per la soluzione del rebus, il pianoforte tuttavia approda, tra la rabbia e la disillusione della rivelazione, al porto mercantilistico del paga di qua, e paga di là, noleggia una barca e prendi un caffè.

Nell’ultima terzina, l’amara considerazione:

Ah, è meglio star qui a guardare

i pianeti nuotare davanti a me

nell’oscurità del rebus

Malgrado tutto, poco male! Ancora una volta, dall’alto dei suoi ottant’anni di poesia e musica, lo smaliziato Conte troverà conforto nella ricerca di un po’ d’Africa in giardino, tra l’oleandro e il baobab. 

Alcuni luoghi sono un’enigma; altri, una spiegazione.

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