1 Marzo 2016 - 18:56

Calais, continua lo sgombero della Giungla

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Riprende lo sgombero della ‘Giungla’ di Calais, città della costa settentrionale francese, dove da anni vivono migliaia di migranti in attesa di raggiungere il Regno Unito

[ads1]Da ormai più di vent’anni, la città francese Calais ospita uno dei campi profughi più grandi d’Europa: la Giungla.

Metafora della dura legge della sopravvivenza, il campo accoglie quei migliaia di migranti in fuga che vivono quotidianamente il sogno di raggiungere il Regno Unito.

Circa 80 km separano la costa francese da quella inglese, un’insignificante tratta che ogni giorno centinaia di turisti attraversano in poco più di un’ora seguendo la via della Manica.

Sessanta minuti che per un migrante in fuga possono voler dire anni di attesa.

Da più di 24 ore, quello che può essere definito a tutti gli effetti come il limbo francese, è diventato lo scenario della rigida politica messa in atto dalla Francia nei confronti degli immigrati.

Nella nottata di ieri, infatti, duecento poliziotti in tenuta anti-sommossa sono entrati nella Giungla di Calais con l’intento di sgomberare le baracche e trasferire i migranti, a detta del Ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve, nei centri di accoglienza dello Stato.

Questo, per gli abitanti della Giungla, vuol dire perdere l’occasione di raggiungere la costa inglese.

La reazione allo sgombero della tendopoli di Calais è stata repentina e violenta: sassi, lacrimogeni e fiamme hanno segnato gli scontri tra polizia, attivisti no borders e migranti.

“L’attivismo di una manciata di militanti ‘No Borders’ – dice  Bernard Cazeneuvenon cambierà niente, l’operazione continuerà nei prossimi giorni.”

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Sgombero tendopoli di Calais – © Copyright ANSA/AP

Nel frattempo, la disperazione dilaga e mette a nudo un’Europa sempre più impreparata all’emergenza dell’immigrazione.

Gli scontri infatti non si sono limitati alla costa francese, ma hanno segnato anche il confine Grecia-Macedonia che da ormai settimane vede opporsi migranti e polizia.

Al grido di ‘Aprite il confine’, spinti dall’esasperazione dell’attesa, gruppi di immigrati sono riusciti a creare un varco in una parte della barriera lanciando sassi contro la polizia macedone, la quale secondo fonti locali, avrebbe reagito con lacrimogeni e bombe assordanti.

Secondo i gruppi di volontari presenti sul campo, tra cui Medici Senza Frontiere e Unicef, molti bambini sarebbero rimasti feriti durante gli scontri.

Nonostante la disperazione e l’evidente stato di allerta, sotto quella spessa coltre di fumo che copre i cieli di Calais e del confine greco-macedone, emergono insperati messaggi di speranza e di pace sotto il grido di “Restiamo Umani”.

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