28 Febbraio 2017 - 10:00

Carnevale: se i detti popolari dicono che ogni scherzo vale, la legge non la vede proprio cosi

carnevale

Per gli amanti del Carnevale può sembrare un’assurdità, ma è proprio cosi. Esagerare con gli scherzi potrebbe essere reato. Ecco le sentenze più significative

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Se i detti popolari amano recitare che a Carnevale ogni scherzo vale, la legge mette tutti in riga ricordando che non è proprio cosi. Ad ogni cosa, anche quella più divertente, c’è sempre un limite, una linea di confine invalicabile. Ad evidenziare questa condizione sono i giudici, dalle corti di merito fino a quella di Cassazione, alla cui attenzione sono finiti diversi scherzi, diciamo, non proprio apprezzati!

Quindi, attenti, anche in questi giorni, alle “vittime” prescelte per le vostre goliardate e alle modalità delle burle, perché anche un gesto con finalità innocue può sconfinare in responsabilità civili e penali. Per gli appassionati del carnevale ecco una serie di pronunce che possono tornare molto utili e mettere in guardia da ciò che è meglio astenersi dal fare, per evitare guai con la giustizia.

Scherzi telefonici

Gli scherzi al telefonici rappresentano senz’altro gli evergreen delle goliardate carnevalesche e non solo. Ma bisogna fare molta attenzione sopratutto a quelli realizzati in piena notte, che possono portare seri guai. Ne sa qualcosa un ragazzo siciliano definitivamente condannato in Cassazione per il reato di minaccia, in quanto colpevole di aver telefonato nel cuore della notte a casa di un amico, spacciandosi per un membro di una setta satanica e sussurrando: “Morirai entro sette giorni“. Per la Suprema Corte, anche se la telefonata era senz’altro da ricondursi ad una bravata di cattivo gusto, era idonea comunque ad intimidire la vittima e dunque ad integrare il reato (Cass. n. 25772/2014). Questo perché il reato di minacce non richiede l”intimidazione effettiva della persona offesa, ma soltanto che il male minacciato sia tale da incidere potenzialmente nella sfera della libertà psichica della vittima (cfr. Cass. n. 47739/2008).

Scherzi via sms

Analogamente a quanto accade per le telefonate, lo stesso avviene per gli sms. Anche un singolo messaggino, infatti, magari con l’aggravante dell’orario notturno, per la giurisprudenza integra reato. Tuttavia occorrono le “prove”, senza le quali si può scampare al negativo esito della sentenza. Così, un ragazzo che aveva inviato un sms offensivo in piena notte ad una ragazza, si è salvato dalle accuse di molestia. Le motivazioni? Per la Cassazione, l’episodio isolato e il contenuto del messaggio evidenziavano che il fatto non andava oltre un semplice gioco, tipico tra ragazzi “in vena di scherzi” (cfr. Cass. n. 45560/2012)

La “zeppa” al citofono

Un’altra delle burle tipiche è quella dei seccatori di “prima mattina” (o anche notturni) che si divertono a suonare ripetutamente al citofono per poi darsela a gambe tra le risate prima di essere scoperti. È bene sapere che anche questo è considerato reato dall’ordinamento italiano. Per la Cassazione, chi interferisce sgradevolmente nella sfera privata altrui è passibile di una condanna per molestie (art. 660 del codice penale).

I gavettoni

Anche il divertentissimo lancio dei gavettoni può essere considerato come reato. Ne sa qualcosa un ottantenne perugino che qualche tempo fa si è visto confermare una condanna per lesioni per essersi divertito a tirare secchiate d’acqua al vicino di casa (che malauguratamente scivolava finendo all’ospedale) e anche un gruppo di giovani burloni che si dilettavano a lanciare palloncini d’acqua da una terrazza. Per i quattro ragazzi, le risate si sono presto trasformate in lacrime quando uno dei gavettoni ha centrato in pieno un passante in un occhio provocandogli gravi danni. La condanna per tutti e quattro, infatti, confermata anche dalla Cassazione, è stata di lesioni personali colpose (cfr. Cass. n. 46992/2015).

Palpeggiare anche solo per scherzo

Il paradosso? Palpeggiare le colleghe per “scherzo”, invece, può non essere reato. È quanto avvenuto a Palermo, dove il tribunale ha assolto l’ex direttore delle Entrate 65enne dalle accuse di molestie per aver toccato due impiegate dell’ufficio. Nello specifico, l’uomo aveva dato ad una, una leggera pacca sul sedere, all’altra aveva messo il dito sul bottone della camicetta all’altezza del seno e in un’altra occasione le aveva sfiorato la zona genitale. Ma per il giudice siciliano (seconda sezione tribunale di Palermo, presidente Bruno Fasciana, estensore Annalisa Tesoriere), non è molestia sessuale. Bisogna tenere infatti conto del contesto, in quanto anche se i fatti risultano incontestati e le due vittime considerate attendibili, l’uomo va assolto da ogni accusa: quei gesti infatti, pur se “inopportuni e prevaricatori” sono da considerarsi privi di connotati sessuali, ma oggettivamente dettati da intenti “scherzosi” che non procurarono all’uomo alcun appagamento in tal senso né limitarono la libertà sessuale delle due colleghe. Resta da vedere, ovviamente, cosa ne pensano le vittime (e la stessa procura) che stanno valutando se fare appello.

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