30 Aprile 2016 - 17:52

Cavalleria Rusticana in scena al Verdi di Salerno

Cavalleria Rusticana in scena al Verdi di Salerno

Cavalleria Rusticana in scena al Teatro Verdi di Salerno; l’amore tradito e l’onore da difendere a tutti i costi in un’opera di grande attualità e che rivela la bravura della soprano Violeta Urmana

[ads1]Una Cavalleria Rusticana estremamente intensa e coinvolgente quella andata in scena al Teatro Verdi ieri sera. Intensa come la sua protagonista, la soprano Violeta Urmana, che ha dato vita ad una Santuzza piena di sentimento e rabbia, verso la sua condizione di scomunicata e di ripudiata dal suo amato Turiddu, il tenore Dario di Vietri, che non riesce e mai riuscirà a dimenticare il suo primo e unico amore. E sarà proprio a causa del suo amore mai consumato per Lola che troverà una morte tragica.

Una scelta estremamente coraggiosa e nel contempo “delicata” quella di lasciar percepire la morte del protagonista solo attraverso una frase, un’annuncio perso nel vento, che non permette neanche di vedere in viso la persona che annuncia la sciagura. Daltronde poco conta chi, quel che importa è cosa è accaduto, Turiddu è morto, Alfio ha vendicato lo sgarbo subito e Santuzza è perduta. Sedotta e abbandonata e infine scomunicata per la sua condotta scandalosa.

I due volti dell’amore quelli che la Cavalleria Rusticana propone. L’amore disperato che non viene consumato per cause indipendenti dall’innamorato, e quello consumato ma mai vissuto in pieno perchè non concretizzato con il matrimonio. Sullo sfondo il coro del Teatro Verdi che rappresenta il popolo, l’altro protagonista del dramma, con le amiche di Lola che la portano via dalla piazza quando l’alterco tra il marito Alfio e l’amante Turiddu si va infervorando. Sono cose da uomini, solo loro debbono rimanere in scena, le donne devono tornare a casa dopo la messa di Pasqua.

Una Madonna ornata come una statua votiva rinascimentale percorre la scena prima della rappresentazione, seguita da tre figure velate di nero che sembrano le tre moire portatrici di morte. Il Cristo che risorge il giorno Pasqua, che ricorda quelli di Mantegna e Giovanni Bellini, si staglia sullo sfondo della scena e benedice il popolo che esce dalla messa. Dopo l’assoluzione dal peccato si preparano a farsi complici di un’altro peccato nell’assistere alla provocazione di Turiddu. Ma l’onore è l’onore, e la Sicilia rusticana di Verga non ammette sconti e non contempla soluzioni pacifiche. Qualcuno deve morire. Ma nessuno assisterà a quell’atto crudele e il pubblico ascolterà la voce del vento tra gli alberi annunciare il tragico epilogo.

Riccardo Canessa fa centro con una regia equilibrata ed estramamente meticolosa, che riesce a rendere l’individualità di ogni singolo attore, compresi i membri del coro, che non riescono a “scomparire” nel mucchio ma ribadiscono singolarmente la propria presenza in scena . In attesa del ritorno di Daniel Oren dopo la parentesi al Covent Garden, Carmine Pinto esegue una direzione magistrale e coinvolgente, con un’ovazione finale meritatissima e sincera da parte del pubblico che ha gremito il Teatro Verdi ieri sera. [ads2]