3 Ottobre 2015 - 20:50

Il coming out di monsignor Krysztof Charamsa e le conseguenze sulla Chiesa Cattolica

Krysztof Charamsa

Le dichiarazioni di monsignor Krysztof Charamsa  sulla sua omosessualità aprono una nuova crisi in Vaticano. La questione, come quella affrontata dopo le dimissioni di Benedetto XVI, mina seriamente le basi dell’intero movimento cattolico

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La Congregazione della dottrina della fede è una delle maggiori istituzioni vaticane con il compito più arduo da affrontare: vigilare sulla purezza della dottrina della Chiesa cattolica.

Nel 1976 l’organismo della Curia Romana si pronunciò, attraverso una dichiarazione ufficiale, sull’etica sessuale e sull’omossessualità affermando che “Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile”.

Circa dieci anni dopo, per bocca dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger, ribadì la posizione assunta in precedenza, aggiungendo che “l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata”.

A pochi giorni dal Sinodo sulla famiglia, l’assemblea che ha il compito di aiutare con i suoi consigli il Papa nel governo della Chiesa universale, la suddetta Congregazione è stata letteralmente sconvolta da un episodio fuori dalle righe.

Infatti, uno dei suoi più autorevoli esponenti, monsignor Krysztof Charamsa (teologo e ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede), non solo ha esternato la propria omosessualità ma ha anche dichiarato di avere un compagno di vita.

monsignor Krysztof Charamsa

A seguito del coming out (in cui il monsignore ha accusato più volte il mondo clericale, e la Congregazione in particolar modo, di essere il cuore di un’omofobia esasperata e paranoica) è arrivata la dura risposta di Roma da parte di padre Federico Lombardi (portavoce vaticano) il quale ha precisato che “la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell’apertura del Sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale e una indebita pressione mediatica”.

Le dichiarazioni di padre Lombardi riescono a cogliere le criticità del gesto sia dal punto di vista procedurale, investendo l’appuntamento di domenica, che della dottrina.

Per quanto concerne il primo ambito, la questione riguarda il Sinodo di domenica 4 aprile; l’appuntamento sulla dottrina della Chiesa mette in seria difficoltà il Papa e i padri sinodali che si ritrovano in una situazione alquanto scomoda sia affrontando il tema che declinando la discussione.

Se nel primo caso si aprirebbe una fase nuova per il Cattolicesimo mondiale (come l’apertura, al momento solamente nelle dichiarazioni, verso i divorziati) volta a ridisegnare l’intera ossatura del movimento, nel caso opposto si confermerebbe la chiusura totale della Chiesa nell’affrontare la questione e l’ “oscurantismo galoppante” vigente in quel di S. Pietro.

La seconda questione, invece, riguarda maggiormente l’ambito dottrinale e teologico: la Congregazione della fede è un’istituzione creata da Papa Paolo III nel 1542 (sostituendo l’istituzione ecclesiastica dell’Inquisizione) con lo scopo di proteggere, ed interpretare, la genuinità della dottrina cattolica.

L’organo, quindi, ha il compito di coadiuvare il santo padre nell’applicazione delle corrette pratiche (ed opere) per essere un buon cattolico.

La dichiarazione di monsignor Krysztof Charamsa ha, però, evidenziato un allontanamento dai canoni cattolici, mostrando l’imperfezione dello strumento posto a difesa della dottrina.

Si può dire, quindi, che l’imperfezione, data la paternità in capo al Collegio di Cardinali e Vescovi, è presente in tutta l’interpretazione fatta fino ad ora e che la buona prassi professata è da ritenersi carente.

La conseguenza diretta di questo risvolto è riscontrabile nella caduta di uno dei cardini della religione cattolica: se la parola di Dio non è completa (almeno quella interpretata fino ad ora dagli uomini), allora anche la concezione sulla perfezione di Dio viene meno.

La “confessione” di uno dei maggiori esponenti della Chiesa di Roma potrebbe avere serie ripeccusioni sull’intero movimento cattolico e il Sinodo di domenica rischia di essere uno dei maggiori crocevia dopo le dimissione di Benedetto XVI.

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