3 Ottobre 2015 - 17:17

Ddl Boschi: Senato nuovo, problemi vecchi

Genere

Dopo l’approvazione dell’art. 1, Palazzo Madama approva anche il secondo articolo del ddl Boschi sul Senato. Le nuove modifiche, però, instaurano un impianto in cui il nuovo organo sarà totalmente subordinato a Montecitorio e la popolazione non avrà alcuna possibilità di scelta dei propri rappresentanti

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Con 160 voti favorevoli, 86 contrari ed un astenuto, il Senato approva l’emendamento Finacchiaro sull’art. 2 del ddl Boschi e mette in cassaforte la riforma costituzionale.

L’approvazione dei primi due articoli, fulcro dell’intero provvedimento (e delle polemiche precedenti e successive alla decisione di Palazzo Madama), permette al nuovo impianto costituzionale di viaggiare su binari sicuri nella Camera Alta per poi tornare all’attenzione dei deputati (per l’ultima lettura, come previsto dalla Costituzione).

Il nuovo costrutto istituzionale, che ha portato alla modifica degli articoli 55 e 57 della Carta costituzionale, prevede la fine del bicameralismo perfetto (o paritario) e l’annullamento del principio di rappresentanza diretta per i nuovi senatori.

La prima modifica, vera novità per l‘Italia, presenta un Parlamento diviso in due rami (sempre Camera e Senato) contraddistinti da diverse funzioni e diverso peso specifico.

ddl boschi

La discussione del ddl Boschi in Senato

Questa differenza è evidente nelle competenze attribuite alle due istituzioni: mentre la Camera dei Deputati rimarrà titolare del rapporto di fiducia con il governo, eserciterà la funzione legislativa e di indirizzo politico e quella di controllo verso l’operato dell’esecutivo, il nuovo Senato solamente avrà la funzione di rappresentanza degli organi territoriali, concorrerà alla funzione legislativa (secondo le modalità stabilite dalla Costituzione) e parteciperà all’attuazione delle normative comunitarie.

In questo nuovo scenario, la disparità di funzioni fra le due strutture rende visibili alcune criticità: da un lato viene totalmente svuotato quel che resta della Camera Alta da qualsiasi tipo di reale incarico, rendendola quindi inutile dal punto di vista istituzionale/legislativo, dall’altro, il nuovo Senato delle autonomie è eccessivamente subordinato alle mansioni di Montecitorio tanto da diminuire ancora di più la possibilità di manovra del nuovo organo.

A questa situazione, il ddl Boschi ne aggiunge un’altra che esautora totalmente la popolazione dalla possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti.

Infatti, in un futuro non molto prossimo, i cittadini si ritroveranno ad attribuire il voto ai nuovi senatori già dalle elezioni regionali; il meccanisco, introdotto dall’emendamento Finocchiaro al fine di rimarginare lo strappo con la minoranza dem, è una sorta di “gioco delle tre carte” in quanto i nuovi delegati saranno designati “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge”.

In pratica, in base alle scelte effettuate durante le elezioni amministrative, i cittadini italiani sceglieranno coloro che occuperanno sia le aule del consiglio regionale che del Senato.

Anche in questo caso non mancano le note dolenti dato che si attrribuirà alla “strategia partitica” la scelta su chi investire nel prossimo organo e dall’altro si abrogherà la possibilità di scelta diretta della popolazione.

Ulteriore mancanza, legata alle precedenti considerazioni, è il binomio “strategia elettorale”/”rappresentanza multipla”: questo elemento è utile a marcare le mosse effettuate in campagna elettorale pur di arrivare ad un risultato gradito (come alleanze tra soggetti agli antipodi fra loro o candidatura di notabili portatori di voti e di interessi ma totalmente distanti dalla popolazione) e la probabile incapacità di gestire due “cariche pesanti” in maniera contemporanea (sia per quanto riguarda l’aspetto materiale, distanza e continui spostamenti, che quello decisionale, data la netta differenza di peculiarità fra gli organi).

Il ddl Boschi, instaurando una fase costituente non del tutto condivisa (e per lo più imposta) apre a nuovi e particolari scenari che potrebbero mettere in seria difficoltà l’intero apparato repubblicano.

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