26 Febbraio 2016 - 11:59

Ddl Cirinnà e quell’insana voglia di “soluzione italiana”

Il Ddl Cirinnà raccoglie la fiducia del Senato grazie al voto di 171 rappresentanti. La maggioranza si allarga (grazie all’esplicito appoggio dei verdiniani di Ala), ma la nuova disciplina è totalmente diversa rispetto a quella originaria

[ads1]L’Italia è uno dei Paesi in cui, spesso e volentieri, si tende a “recepire”, soprattutto in casi di impellente “crisi”, modelli sviluppati in altri posti al fine di riprodurli.

Questa pratica, però, nasconde un elemento tutto nostrano che mentre da un lato tende a “ottimizzare” una situazione non disciplinata, in base al principio cardine accolto, dall’altro tende a stravolgere la stessa norma in virtù della cosiddetta “soluzione italiana”.

Ddl Cirinnà e quell'insana voglia di "soluzione italiana"

Anche con il Ddl Cirinnà (così come accaduto in passato con, per citarne uno su tutti, il “porcellum“, introdotto prendendo come principio di base il modello elettorale tedesco) si è adottato questo espediente e la “legislazione” sulle unioni civili si è ridotta a livelli “minimal”.

Delle unioni fra persone dello stesso sesso e della rivoluzionaria “stepchild adoption” non è rimasto praticamente nulla e ciò che è stato approvato a Palazzo Madama rappresenta solamente la brutta copia dell’imitazione, venuta male, dell’orginale.

Nel voto di fiducia, su ciò che è rimasto del Ddl Cirinnà, ieri in Senato è possibile ricavare due specifici dati di stampo politico e di disciplina.

Per quanto riguarda l’aspetto prettamente politico, la strategia portata avanti è stata più che semplice: attraverso la questione di fiducia, posta sul maxi-emendamento frutto della “contrattazione” di governo, si è riusciti in un sol colpo ad accontentare praticamente tutti.

Se da un lato il vero vincitore risulta essere Angelino Alfano, le cui richieste sono state pienamente accolte, dall’altro si può rilevare il “trionfo” dal Segretario/Premier Renzi che è riuscito a ricompattare la maggioranza, allargare la stessa ricevendo la “benedizione finale” dai verdiniani di Ala e allo stesso tempo vantare una vittoria (mai come in questo caso di Pirro) su un provvedimento monco che poco si avvicina al pieno allargamento dei diritti civili.

Dal punto di vista della disciplina, invece, le perplessità sono maggiori e di portata più ampia.

L’eliminazione della tanto discussa “stepchild adoption”, la cancellazione di qualsiasi riferimento (o presunto tale, dato che si parlava di terminologia nel Ddl Cirinnà) al matrimonio, l’eliminazione della reversibilità per quanto riguarda la pensione e il superamento dell’obbligo reciproco di fedeltà tra i coniugi (che si intende inserire anche per le coppie omosessuali) rappresentano solamente la punta dell’iceberg del nuovo provvedimento.

Per il momento, con tutte le sue criticità, rimane solamente un istituto simile alle unioni civili (o meglio rispetto a quelle che sono presenti nel resto del mondo) e la tanto attesa evoluzione nell’ambito dei diritti sembra rimandata a data da destinarsi. [ads2]