1 Gennaio 2017 - 19:38

I dischi da ricordare del 2016

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Il 2016 è giunto al termine ed è il momento di di guardarci indietro per decidere quali sono i dischi che ricorderemo e che porteremo con noi nei prossimi anni

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KANYE WEST – THE LIFE OF PABLO

Di Kanye West si parla tanto della moglie, della famiglia della moglie, del figlio, delle amicizie, delle rivalità, della sua candidatura a Presidente degli Stati Uniti, del suo carattere e dei suoi esaurimenti nervosi, ma pochissimo del suo straordinario talento.
Questo perché Kanye West si è costruito un personaggio che lo ha reso una delle celebrità più odiate del mondo e, a causa della sua fama, spesso i suoi lavori sono messi in secondo piano.

“The Life Of Pablo” racchiude tutto ciò che Mr West è ed è stato, sia in positivo che in negativo: è un disco caotico nel quale tutti i fantasmi del rapper vengono affrontati a viso aperto mentre ci si muove tra generi musicali diversi. Kanye si racconta tra gospel, campionamenti di musica classica e reggae, canti religiosi e rap old-school. Mettere da parte l’astio nei confronti del rapper è difficile ma, una volta fatto, potrete ascoltare tracce di altissimo livello come Ultralight Beam”, “Father Stretch My Hands, Pt. 1”, “Famous” , “Waves” “Fade”.

 

 

DAVID BOWIE – BLACKSTAR

Blackstar è un disco che a meno di un anno dalla sua uscita è già leggendario: il disco d’addio di David Bowie, uno dei più grandi artisti della storia dell’umanità. Bowie, da tempo malato, ha deciso di fare un ultimo immenso regalo al mondo, pensando forse che lasciarci senza l’ennesimo colpo di teatro sarebbe stato tremendamente banale. Si è parlato così tanto dei presunti significati nascosti del disco da far quasi passare la musica in secondo piano, ma Blackstar è molto di più, è soprattutto l’ennesimo capolavoro del cantautore inglese.

Se la title-track con il suo video si muove tra simbolismo occulto e lampi di pura genialità (le linee vocali che quasi si inseguono per tutto il brano e lo straordinario tappeto di suoni), “Lazarus” è senza dubbio la miglior canzone di questo 2016“I Can’t Give Everything Away” ha tutto il sapore di un addio, e con il senno di poi, ascoltare la musica svanire lentamente non può che causare un dolore quasi fisico a chi ha amato il Duca Bianco. Blackstar non è l’atto finale della carriera di Bowie: è l’ennesima magnifica trovata di chi ha dedicato la sua intera vita a sorprendere il pubblico.
Lo spettacolo che è la musica di David Bowie non potrà mai avere fine.

 

FRANK OCEAN – BLONDE

La vera sorpresa di questo 2016 si chiama Frank Ocean. Conl’album Blonde, infatti, il giovane cantante si è consacrato quale uno dei migliori cantanti della sua generazione. Ocean è capace di passare dal Soul all’Alternative rap con una semplicità disarmante.
Ocean è uno straordinario stoyteller, non lascia niente al caso in fase di scrittura e non è banale nemmeno nelle rarissime fasi calanti del disco; la sua visione dei rapporti umani è ultramoderna e straziante all’inverosimile.

Nikes” è un capolavoro che gode di una produzione pregevole e che affronta il problema del razzismo negli USA quando il tema principale è il sesso occasionale. Pink + White” beneficia della presenza di Pharrel Williams ed è un brano piacevolmente inusuale; Self Control finge invece di seguire la grande tradizione Soul diventando un brano sofisticato e nuovo, in puro stile Frank Ocean.
Nel 2016 nessun altro giovane artista è riuscito a reggere il confronto con le idee e la qualità di Ocean, che al momento sembra insuperabile.

 

 

LEONARD COHEN – YOU WANT IT DARKER

 You Want It Darker è l’ultimo disco di Leonard Cohen che nonostante i suoi 82 anni di età è riuscito a regalare ancora un capolavoro al mondo prima di spegnersi meno di un mese dopo. Cohen è sempre stato un poeta prima che un cantante, ma ciononostante la sua voce riesce a toccare, in questo disco più che in altri, l’anima di chi ascolta. La forza delle parole supera di gran lunga la fragilità della voce che le pronuncia.
Il cantautore canadese comunica direttamente con la nostra anima grazie a melodie semplici e dolci, dimostrando perché il suo stile ha influenzato e continuerà ad influenzare chiunque tenti di rendere musica la poesia.

 

IGGY POP – POST POP DEPRESSION

Post Pop Depression è un disco terribilmente asciutto, ma nonostante questo si riesce quasi a vedere Iggy Pop danzare a torso nudo (nonostante le sue 69 primavere) tra gli essenziali riff di chitarra, rivisti e modernizzati, tipici del Garage rock. Iggy è in splendida forma, la sua voce si incastra alla perfezione in tutto ciò che Josh Homme ha costruito. È proprio Homme ad avere un ruolo fondamentale nella scrittura del disco, trasformandosi da fan a produttore per scrivere un altro capitolo dell’intensa storia di Iggy Pop.
L’ex frontman dei leggendari Stooges è arrivato al suo diciassettesimo disco, che ha tutto il sapore di essere l’ultimo (nella canzone di chiusura “Paraguay” Iggy ci informa che ne ha abbastanza di tutti noi e che se ne andrà in un posto esotico a riposare) e ci arriva con il consueto stile e la consueta forza.
Iggy Pop è tornato, ma solo per annunciare la sua partenza, e lo ha fatto nel miglior modo possibile.

 

Ci sono stati numerosi album meritevoli in questo 2016, ma che per un motivo o per un altro non possono essere considerati al pari dei 5 elencati.
Nonostante questo rimangono grandi dischi che devono assolutamente essere ascoltati almeno una volta nella vita.

DRAKE – VIEWS

Nonostante il grandissimo successo commerciale e due hit che rimarranno ben salde nelle cronache di questo 2016 (“One Dance” e “Hotline Bling”) Views è un disco con troppe tracce poco ispirate ed incapaci di lasciare il segno. Nonostante tutto, l’ultima fatica del rapper canadese rimane comunque tra i momenti pop più alti dell’anno.

WARPAINT – HEADS UP

Il gruppo statunitense, composto da sole donne, è la rappresentazione di ciò che l’Indie dovrebbe essere. “Heads Up” è un ottimo disco che fonde alla perfezione la musica elettronica all’Art rock più recente, l’unica pecca dell’album è la mancanza di brani adatti al grande pubblico, con l’unica eccezione di “New Song”.

RADIOHEAD – A MOON SHAPED POOL

L’atteso ritorno dei Radiohead si è tradotto in un disco di altissimo livello, ma che non aggiunge nulla di nuovo a tutto quello che già conoscevamo del gruppo di Thom Yorke. La loro classica malinconia non lascia spazio ad altro, non lascia spazio a nuove strade.
I Radiohead continuano a fare quello che hanno sempre fatto e lo fanno benissimo, ma ci si aspettava qualcosa di diverso questa volta.

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