3 Marzo 2017 - 11:30

Fascismo, che ruolo aveva la donna nella società ?

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Il fascismo è un pezzo di storia che tutti conosciamo, ma forse ciò che sappiamo meno è la considerazione che aveva la donna nella società

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Si può affermare che il periodo più negativo per la donna è stato proprio l’epoca del fascismo. I diritti che ad oggi, almeno sulla carta vengono riconosciuti, nel periodo fascista erano pura utopia.

Mussolini adottò infatti una politica anti-femminista che impose alla donna l’esclusivo ruolo di madre-casalinga, facendo della maternità, oggetto di pubblica esaltazione a sostegno della forza nazionalista dello Stato.

Le donne durante il fascismo furono così escluse da tutto ciò che aveva attinenza con la sfera pubblica; anche la questione demografica fu affrontata in nome del superiore interesse dello Stato, in termini di quantità anziché di qualità. Non a caso allo scopo di incrementare le nascite, lo stato fascista vietò l’uso di anticoncezionali e il ricorso all’aborto, dunque nessuna forma di educazione sessuale era concepita.

Per tali motivi si può dimostrare che ogni aspetto della vita delle donne fu subordinato agli interessi dello Stato, al punto da negare  ogni forma di emancipazione femminile.

In questo contesto però, molte femministe storiche diedero voce ai propri diritti e alla propria libertà. Tra queste ricordiamo il nome di Anna Kuliscioff, la quale assieme alla sindacalista Maria Goia ebbe parte attiva anche nella lotta per l’estensione del voto alle donne, tanto che, col suo sostegno, nel 1911 nacque il Comitato Socialista per il suffragio femminile. L’anno successivo però, una legge di Giolitti  promosse solo il suffragio universale maschile, che estese tra l’altro il diritto di voto anche agli analfabeti che avessero compiuto i 30 anni.

Diritto di famiglia

Per quanto riguarda il diritto di famiglia disciplinato dal codice Pisanelli , la donna non aveva alcun ruolo centrale  per nessuna decisione di natura giuridica o commerciale ( atti legali e notarili, stipule, contratti …) senza l’autorizzazione del marito o del padre. Mentre la tutela dei figli era esclusivamente prerogativa maschile.

Dal 1926 con la soppressione di tutti i partiti politici, fenomeno che mise a tacere la stampa nonché l’attivismo femminista delle socialiste e delle giovani militanti del P.C.I., il regime riconobbe solo due movimenti femminili: quello fascista e quello cattolico.

La legge di quel tempo aveva una considerazione molto chiara sulla posizione della donna nella società : “ Lo scopo della vita di ogni donna è il figlio…La sua maternità psichica e fisica non ha che questo unico scopo.”

Riforma della scuola fascista

Il promotore di questa riforma fu Giovanni Gentile. La riforma fu improntata su due precisi obiettivi: inculcare nell’animo umano l’ideologia dello Stato Fascista e promuovere solo l’élite, in modo da far accedere all’’istruzione secondaria e universitaria, solo una piccola cerchia di studenti, provenienti dalle famiglie più agiate.

È chiaro che la Riforma Gentile era dichiaratamente anti-femminista. Non a caso l’insegnamento di molte materie fu precluso alle donne. Esse non poterono accedere ai concorsi pubblici, addirittura vi fu una riduzione al 5% del personale femminile presso le PA.

Le donne durante il fascismo dovevano accontentarsi di vivere secondo gli slogan di Benito Mussolini: “ Per obbedire, badare alla casa, mettere al mondo i figli e portare le corna…” . Dovevano stare nell’ombra , perché il mondo nel quale vivevano era solo per uomini.

Posizioni politiche

A sollevare i temi dell’emancipazione femminile era stato il Movimento Socialista, che, però, ne aveva fatto l’emblema dell’opposizione.

La giornalista Irene Brin ha osservato : “ La generazione delle donne italiane giunta a maturità negli Anni Trenta era rumorosa, ingenua e triste; sebbene terribilmente cosciente di sé, era ignara di dover soggiacere alle costruzioni più assurde. Nel sentirsi libere da ogni vincolo morale, sentimentalmente e fisico di non accorgersi, se non troppo tardi, che avano perduto la loro libertà” .

È evidente che la storia ci ha lasciato una grande testimonianza, una testimonianza che mette in luce  tutte le condizioni sociali con le quali la donna doveva relazionarsi. Una donna lasciata in disparte, volutamente dimenticata per dar spazio ai soli uomini. Una donna privata della sua libertà, della sua parola, delle sue emozioni, dei suoi diritti…

Sarebbe bello poter usare questi termini col tempo passato, eppure ancora oggi , i diritti della donna non sono pienamente riconosciuti. Nella società odierna è sempre presente una sottile ma resistente linea di discriminazione che le impedisce di formarsi, di dar voce ai suoi pensieri, ai suoi sentimenti.

Malgrado ciò è importante sottolineare un concetto, un concetto che la giornalista e scrittrice Oriana Fallaci ha saputo esprimere nel modo più limpido possibile : “La rivoluzione più grande è, in un paese, quella che cambia le donne e il sistema di vita. Non si può fare la rivoluzione, senza le donne. Forse le donne sono fisicamente più deboli ma moralmente hanno una forza cento volte più grande

Insomma, nonostante la donna venga sempre concepita, anche se in modo implicito, inferiore all’uomo, in realtà ha al suo interno una forza tale da non solo continuare a lottare quotidianamente, ma dar spazio anche alla speranza e alla voglia di distruggere queste barriere sociali che nel lontano passato sono state costruite. [ads2]