30 Dicembre 2016 - 17:09

Gentiloni, il nuovo governo e la fiducia a singhiozzi

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Gentiloni nella consueta conferenza stampa di fine anno analizza i suoi primi 15 giorni di governo. Fra le diverse dichiarazioni, però, emerge il noto piano di rilancio renziano, proiettato verso le nuove elezioni

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La politica italiana si è sempre contraddistinta per diversi elementi ma uno che in particolare evidenzia la peculiarità della gestione nazionale attuale è quello di proporsi tanto come problema quanto come cura.

Questo dato, noto sin dal celebre #Enricostaisereno, si è rivelato ancora una volta dopo la consueta conferenza stampa di fine anno, tenuta dall’attuale Presidente del consiglio Gentiloni, con paradossalmente, i “factotum” dell’intera azione di governo e parlamento identici a coloro che fino a questo momento sono stati gli artefici dei destini italiani.

Gentiloni

Andando per ordine, in base alle parole espresse ieri da Gentiloni, è possibile notare una serie di passaggi che da un lato tendono ad un vero e proprio rilancio politico (a partire dalla figura di Renzi all’interno del partito di maggioranza relativa) e dall’altro ad una nuova strategia in vista delle imminenti(?) elezioni politiche.

Per quanto riguarda il primo punto, si può dire che la manovra impostata con l’affidamento dell’incarico all’attuale governo, rende note le “mosse”, soprattutto del Pd, in vista di future alleanze e leadership.

Questi due punti, in apparenza distinti ma in sostanza uniti fra loro, si rivelano in altrettante considerazioni esternante in conferenza stampa, riguardanti la legge elettorale e l’uscita del gruppo Ala – Scelta Civica dalla maggioranza parlamentare.

Mentre si tende a ripristinare il “vecchio” mattarellum, evitando ulteriori scontri con i mini-gruppi presenti nell’attuale maggioranza bypartisan dettati da un’eventuale nuova proposta di legge elettorale, si cerca contemporaneamente di riabilitare la figura del segretario Pd, quale collante di differenti posizioni (su tutte quelle di Ncd e, soprattutto, Ala – Sc) e “unicum” tra i possibili leader di un’ampia alleanza contro il M5s, attraverso l'(auto)allontanamento dei verdinian-zanettiani.

In questa intricata situazione, infatti, Gentiloni ne uscirebbe totalmente indebolito, non essendo stato in grado di ripristinare totalmente l’intero impianto precedente, ma, allo stesso tempo, ne gioverebbe l’ex Presidente del Consiglio in un confronto sulle strategie politico/partitiche apportate nell’ultimo anno.

Proprio il “lavoro” dell’attuale governo, inoltre, sarebbe specifico oggetto dell’operazione rilancio messa in atto dal Pd subito dopo il referendum.

I pratica, nella aleatoria convinzione di avere un bacino elettorale di partenza pari al 40%(riprendendo coloro che hanno votato sì al Referendum Costituzionale), l’attuale maggioranza renziana ha concesso una fiducia a singhiozzi a Gentiloni che in qualsiasi momento potrebbe venir meno e in qualsiasi momento potrebbe far insorgere, almeno in apparenza ma per nulla nei fatti, il partito dall’interno.

I passi falsi del Presidente del Consiglio, almeno stando al “piano” democrats, servirebbero esclusivamente a far rimpiangere ciò che c’era prima e, in simultanea, rilanciare la figura del leader spodestato (Renzi), in nome di un maggiore polso nell’intricata giungla italiana.

 

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