4 Febbraio 2015 - 12:00

George Andrew Romero, il papà di tutti gli zombie

George Romero: “Ho sempre simpatizzato per gli zombie, hanno un che di rivoluzionario. Rappresentano il popolo solitamente senza idee autonome che a un certo punto, stanco dei soprusi, si ribella. Eravamo noi nel ’68. E ora siamo morti, no? I nostri ideali sono morti, io sono uno zombie”

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George Andrew Romero nasce il 4 febbraio del 1940 nel Bronx, a New York, da padre cubano emigrato e da madre di origine lituane.
Suo zio gli regala una cinepresa 8mm e all’età di tredici anni realizza il suo primo cortometraggio.
Dopo aver collaborato al film “Intrigo internazionale” di Alfred Hitchcock s’iscrive, nel 1957, all’Università di Pittsburgh dove studia Belle Arti realizzando cortometraggi industriali e spot pubblicitari.

Il 1968 è l’anno della svolta per il giovane Romero, insieme ad alcuni amici forma la Image Ten Productions e con soli 150.000 dollari gira l’opera che lo renderà, oltre che famoso in tutto il mondo, caposcuola di una serie di registi che realizzeranno film cosiddetti “gore”, un genere che si nutre di violenza, sangue, morti viventi, maniaci assassini e seghe elettriche: “La notte dei morti viventi”.

Una pellicola amatoriale carente di mezzi e risorse dove la fantasia di Romero non conosce limiti.  Uno splendido bianco e nero da “cinèfile” ed una colonna sonora ispiratissima, opera di un gruppo poi diventato un riferimento nel genere, i Goblin. Gli attori sono quasi tutti dilettanti, i protagonisti potevano permettersi di accedere al set solo il sabato e la domenica, dato che durante la settimana erano obbligati a svolgere il normale lavoro di tutti i giorni.

Il film incassò subito oltre 5 milioni di dollari per poi arrivare a quota 30.

G_ZOMBI

Romero resterà prigioniero del suo film d’esordio, continuando a dirigere sequel più ricchi, ma meno inventivi. “La notte dei morti viventi”, infatti, è il primo di una trilogia di film intitolata “Zombi” (1978), presentato in Italia da Dario Argento“Il giorno degli zombi” dell’85’, la cui trama è basata su un mondo conquistato dagli zombie in cui i “vivi” superstiti si sono rifugiati nel sottosuolo. Zombie che si aggirano imperterriti in grossi centri commerciali, replicando come in un incubo troppo reale, gli stessi comportamenti che avevano da vivi. La critica è palesemente diretta verso il consumismo e l’attuale modello di società.

Del 1980 è la volta di “Creepshow” una serie a episodi per i quali collabora per la prima volta con il genio dell’horror su carta, Stephen King.

Nel 1988 esce “Monkey Shines: esperimento nel terrore”, una riflessione sulle tematiche legate agli esperimenti biologici e di mutazione genetica.

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Dopo molti film, nel 2002, la casa di videogiochi Capcom lo ha interpellato per dirigere il film “Resident Evil”. Il regista viene licenziato a riprese iniziate perché, sembra, la sceneggiatura elaborata da George Romero si discostava troppo da quella del videogioco.

La citazione iniziale di George Romero è triste e spietata verso un mondo che oggi non esiste più. Interessante l’associazione 68′-zombie, i suoi zombie, non quelli di “Walking Dead”.

Gli zombie di Romero erano senza cervello, ma avevano un vago ricordo di un certo comportamento; inoltre, non erano i protagonisti del film, ma avevano un ruolo funzionale. L’essere umano e le sue scelte sbagliate insieme a metafore molto esplicite con la società attuale. Oggi gli zombie dei telefilm sono esseri minacciosi e senza ricordi, sono i veri protagonisti. Non è un caso che Romero rifiutò l’invito a dirigere alcuni episodi di “Walking Dead”, senza nulla togliere alla serie americana. Punti di vista differenti, ma come dare torto al papà di tutti gli zombie?

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