19 Settembre 2015 - 11:54

Giorgio Diritti e il cinema, “No ai soggetti facili”

giorgio diritti

Il cinema tra logiche di mercato e qualità. Giorgio Diritti racconta la sua carriera attraverso la negazione del film come semplice intrattenimento 

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L’uomo fa il suo giro. Storie di condivisione dentro e fuori dal set è il libro del regista Giorgio Diritti, che si presenta al suo pubblico con la sua idea, chiara, di un cinema che deve svincolarsi dalla codificazione strategica alla base della distribuzione, la quale costruisce un gusto da plasmare su un pubblico continuamente manipolato dall’arte come Capitale.

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Dal film L’uomo che verrà di Giorgio Diritti

Intrattenimento o qualità. Giorgio Diritti racconta quanto la sua produzione cinematografica sia stata continuamente giudicata dall’importanza di essere compatibile con il ‘gusto’: “Bello questo film, avvincente questa storia… ma inventiamoci qualcosa di più leggero… adesso vanno di moda le storie di giovani divertenti e simpatici“.

Da sempre condizionato dalla sua duplice natura, il cinema come prodotto dell’espressione umana e come prodotto di consumo (arte e industria), ha portato nel tempo a esempi di film capolavoro, mettendo alla prova menti di registi in grado di coniugare genere e contenuto (i generi della Grande Hollywood, ad esempio), ironia e denuncia (commedia all’italiana), sperimentazione e grottesco (citazioni e omaggi). Oggi però, la tendenza a semplificare ogni momento creativo in prodotto vendibile, com’è accaduto dagli anni ’80 in poi in maniera massiccia, sta portando all’impoverimento del mezzo di comunicazione.

Giorgio Diritti argomenta:Bisognerebbe, invece, pensare a un cinema, a una letteratura e a un’arte che abbiano lo stesso valore delle relazioni umane, che creino fra autore, opera e spettatore un legame profondo e autentico, simile all’amicizia“.

La crisi culturale, economica e sociale si avverte partendo già dall’omologazione e dallo svuotamento di contenuti delle forme artistiche, da sempre contenitori di paradigmi esistenziali e antropologici.

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Dal film Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti

Il regista riflette così sulla sua carriera, parlando del libro come un lungo momento di autoanalisi, ripensando al suo rapporto con il dualismo del cinema e ritrovando spesso nel festival il riconoscimento di un buon lavoro. Non sempre però, il pubblico ha trovato i canali per condividere una nuova esperienza cinematografica.

L’arte è condivisione, e se l’artista non può presentarsi al suo pubblico, cosa gli rimane? Perché si esprime?

Un percorso faticoso, portato avanti con dedizione e onestà, cercando di realizzarsi con pochi fondi pur di continuare a sognare e a sentirsi coerenti con se stessi. Soddisfazioni poi riscontrate nei diversi concorsi, come: il suo film d’esordio, Il vento fa il suo giro (2005) diventato un caso nazionale;  L’uomo che verrà, che vince nel 2009 al Festival Internazionale del Film di Roma; Un giorno devi andare, girato in Brasile e in Trentino e presentato in concorso al Sundance Film Festival 2013.

Giorgio Diritti continua a sostenere la sua idea di cinema, testimoniandola nel suo libro, come un viaggio metalinguistico in cui comprendersi come artista per concedersi all’altro, affrontando tematiche attuali e cruciali come il legame dell’arte con il mercato.

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