7 Gennaio 2015 - 16:50

Il teatro degli orrori e la storia di Ion, l’operaio rumeno bruciato vivo

“Ion, la tua pelle non c’è più.. Ma perché mai una vita onesta finisce così?”, recita la strofa iniziale della canzone Ion de Il teatro degli orrori, contenuta all’interno dell’album Il mondo nuovo

[ads2] Una storia atroce, quella di Ion Cazacu, ingegnere e piastrellista rumeno, immigrato in Italia, che il 14 marzo del 2000, fu bruciato vivo dal datore di lavoro Cosimo Iannece. L’unica colpa di Ion era stata quella di aver cercato di rivendicare i suoi diritti di lavoratore e di poter esser assunto regolarmente. Di qui l’inizio del litigio, che trasformò una banale discussione in una tremenda tragedia.

Iannece perse la testa, versò una tanica di benzina addosso all’uomo e gli diede fuoco. I compagni della vittima denunciarono immediatamente l’accaduto alla polizia, anche se del terribile episodio si parlò solo alcuni giorni dopo. Giorni durante i quali Ion, lottava tra la vita e la morte, con il 90% del corpo ustionato. Dopo più di un mese di agonia per il quarantenne rumeno non ci fu più nulla da fare. Iannece venne condannato in primo grado a 30 anni per omicidio premeditato, aggravato da futili motivi e mezzi insidiosi. Ma grazie a una sconcertante sentenza d’appello riuscì ad ottenere un dimezzamento della pena.

Un verdetto scandaloso, che trova testimonianza non solo in questa canzone di triste denuncia, ma soprattutto nella lettera che la vedova Cazacu inviò al Giudice del Processo, per chiedere giustizia, per salvaguardare le sue figlie, per non permettere che la morte brutale del marito venisse considerata meno grave solo in virtù di una discriminazione razziale.

Morire non è nuovo
ma adesso vivere è così difficile
La tua pelle non c’è più, non c’è più
Ion.. Ion..
Ciascuno è solo
ciascuno con un peso nello stomaco
Io con un groppo in gola

“Succede sempre, in tutto il mondo” aveva urlato un ragazzo dal pubblico durante una versione live della canzone. Alla provocazione Pierpaolo Capovilla aveva risposto visibilmente alterato: “Non si tratta solo di un fatto di cronaca nera, questo episodio è paradigmatico di cosa siamo diventati noi in Italia oggi; che cosa ha fatto questo assassino? Ve lo dico io.. Ha anteposto i propri miserabili egoismi quotidiani ai valori della vita, al valore in assoluto della vita di un uomo. Come si fanno ad anteporre cinque, diecimila euro alla vita di un uomo?!”

ionUna rabbia naturale, dovuta, che non lascia spazio a nessuna giustificazione, e che viene tradotta in musica con un inusuale suono acustico, che da voce al dolore della violenza, al lento bruciare di un corpo e di un’anima davanti allo sguardo indifferente del carnefice, e della pelle, segno tangibile della nostra esistenza e della crudeltà che un gesto così estremo comporta. Un dolore che forse solo la famiglia di Ion ha conosciuto davvero e che trova sfogo nella supplica disperata della vedova Cazacu: “Non dimenticate Ion, affinché quello che è successo non accada mai più”.

Fu la stessa Nicoleta ad autorizzare, dopo una lunga riflessione, la pubblicazione della canzone all’interno del disco, inviando una mail di assenso al cantante del gruppo. “Non dirò mai cosa c’era scritto in quella email ma posso dirvi che ho pianto”, racconta Capovilla in un’intervista a Varesenews.

Una storia probabilmente come tante, ma che proprio perché inscritta all’interno di un fenomeno tanto abominevole quanto diffuso, deve essere ricordata come monito per quanti abusano del loro potere, e come simbolo per i lavoratori onesti, soprattutto stranieri, che lottano ogni giorno per difendere i propri diritti e la propria dignità.