23 Dicembre 2015 - 16:49

Irpinia Mon Amour, il caso da David di Donatello

Irpinia Mon Amour parla dell’Irpinia dei nostri giorni, che è ancora l’Irpinia di “De Cicco”. Il lungometraggio, in concorso ai David Di Donatello, rappresenta, ad oggi, la cornice perfetta dell’unica valorizzazione possibile in una terra umiliata e depredata

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Irpinia Mon Amour parla dell’Irpinia 0.0. Un quadro immutato, disincantato e definitivo di un non-luogo, svenduto, annientato dal passato e dal presente, da un futuro che non c’è.

Un cumulo di immondizia, a rischio trivellazioni e tempestato dal nuovo vento “Formicoso” – come ben esplicitato dalla locandina del film – che si disvela nei piani della paranoia, della solitudine, dell’angoscia, del nichilismo dei suoi giovani.

Un film prodotto dalla JamFilm, diretto da Federico Di Cicilia con la collaborazione alla sceneggiatura di Pierpaolo Di Marino, con attori irpini e non, con attori professionisti e non.

Irpinia Mon Amour: il caso da David di DonatelloIrpinia Mon Amour è la Storia Irpina tra voto di scambio e speculazioni politiche. È il ritratto dell’inquietudine e del tedio, del disagio provinciale e della vacazione socio-istituzionale. È una serie di scatti nitidi dello spaesamento generazionale e culturale che vige sul territorio, tra Gesualdo, Villamaina, Rocca San Felice, Lioni, Nusco ed ogni altrove irpino.

È il Caso della tragicità dei fallimenti e delle frustrazioni di chi avrebbe voluto fare grandi cose ed invece è costretto a rimanere un eterno adolescente a casa dei genitori. È il sogno spettacolare di un aspirante suicida; di chi va in guerra, perché già nella terra natia è condannato alla morte o alla follia.

Irpinia Mon Amour: il caso da David di DonatelloIl tragicomico e il grottesco si fondono con il surreale, e nelle paradossali scene da baretti di paese aleggiano il nonsense e l’utopia del cambiamento.

Nel perenne cantiere delle seriali e inutili opere, nell’urlo inascoltato, nel silenzio che muore in una terra martoriata, si aggirano loschi figuri, strambi personaggi alla Don Chisciotte. “La più triste figura che sia apparsa sulla Terra, cavalier senza paura di una solitaria guerra”, fantasma del Formicoso, che avvilito tenta di combattere contro le pale eoliche, pensando a come farla finita.

Ed è una decennale lotta, un errante “esserci” senza meta: chi parte e chi resta, chi lotta altrove per arrivare a fine mese e chi si danna qui contro le malattie inspiegabili, il nulla, la “colpa dei padri”.  È la hybris primigenia, quella del post terremoto: una battaglia persa, da sempre.

E poi il sarcasmo che aleggia sul rapimento di De Cicco, un politico che ha “dominato” per cinquant’anni, che “ha portato le fabbriche di barche in montagna, che ha costruito su cumuli di macerie e rifiuti tossici, che ha monopolizzato tutti gli enti locali”;  che saprà poi anche “convertire” i rapitori al gioco del tressette. Un gesto apotropaico che rievoca l’assonanza con lo spirito locale: “La storia è dietro di noi. In ogni luogo. Sempre. Vota e fai votare Salvatore De Cicco”.

Irpinia Mon Amour: il caso da David di DonatelloIrpinia Mon Amour è allo stesso tempo disincanto e laconica speranza. Un film sull’Irpinia, sul Sud d’Italia, sul Sud del mondo. Un film che riporta a Guccini: “… Dovrei tirarmi indietro perché il “male” ed il “potere” hanno un aspetto così tetro? Dovrei anche rinunciare ad un po’ di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?”.

Ed è proverbiale l’alternativa a cui questa terra ti costringe o che è capace di inculcarti: allo stato attuale, l’unica valorizzazione possibile è l’attesa per i David di Donatello. 

Intanto qui è un giorno nuovamente spendibile in casse di Peroni, un mazzo di carte, la nausea e l’oblio che ne consegue.

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