16 Gennaio 2017 - 16:45

“La casa dei sette cadaveri”, di J. Farjeon

casa

Metti un cancello, di quelli cesellati, che cigolano svogliati lasciando intravedere una casa indifesa

[ads1]

Metti che questa casa sulla costa dell’Essex trasudi ricchezza da ogni mattoncino avvinghiato dall’edera.

Metti, ancora, l’assenza di qualsivoglia movimento intorno alla casa così come di tracce di fumo che escano dal comignolo. Se poi a tutti questi segni di abbandono aggiungi anche la mancanza di cani a difesa della proprietà e, soprattutto, una finestra senza imposte che sembra dirti “vienimi ad aprire“, beh, allora lo possiamo ben capire, Ted Lyte. E sì perché quella casa deserta potrebbe significare qualcosa da mettere sotto i denti a digiuno da quasi una settimana oltreché, sia chiaro, una dozzina di posate d’argento da rivendere al miglior offerente.

Un salto sul davanzale della finestra, e Ted Lyte non ci pensa più. Ma ecco la tentazione di una porta chiusa a chiave e lo sciagurato ladruncolo che non riesce a resistervi. Gira la chiave lasciata nella toppa e apre, convinto di trovare un muro di tenebre a inghiottire le pareti di quella stanza.

Nulla di tutto questo: la sua vista viene sferzata da un’abbagliante luce elettrica.

Ted, vattene via, lasciati bruciare le pupille da quel bagliore artificiale e abbandona di corsa la casa.

Troppo tardi: la sua vista e la sua ragione vengono incatenati da sette cadaveri disseminati in quel sudario di morte.

Lo scenario che si squaderna davanti agli occhi del giornalista free lance Hazeldean e dell’ispettore Kendall, nel frattempo accorsi in casa, è di quelli che richiedono un acume investigativo sicuramente non comune. E si badi bene, non ci si riferisce ai malcapitati sette cadaveri, ché quello è un dato la cui gravità può essere, e infatti lo è stata fin da subito, tranquillamente rilevata anche dal povero Ted Lyte. Nossignore, il riferimento è al foglietto stropicciato su cui c’è scritto: “Con le scuse del Club dei Suicidi” e sul retro dello stesso, stavolta aggiunto a matita, “Particolari all’indirizzo 59.16S 4.6E An“. Ma ancora, altro elemento che richiede approfondimenti, Hazeldean e Kendall trovano un foro di proiettile proprio al centro del cuore di una bambina, che poi si scoprirà essere Dora Fenner, ritratta nel quadro in fondo alla parete.

Infine, su una mensola anonima della casa, fa bella e inquietante mostra di sé una logora palla da cricket che porta impressi i segni di un accordo violato.

Rigurgito di quale passato è l’insolito oggetto e perché ci si è presi la briga di sfondare un vetro per farlo arrivare fin lì, quasi firma in calce a quelle sette morti?

La casa dei sette cadaveri di Farjeon è un congegno dagli ingranaggi ben incastonati nel corpus narrativo.

Lontano dagli eccessi e dagli stereotipi di troppa letteratura di genere, l’opera riesce a “tenere in tensione” il lettore per gran parte del libro, in un crescendo di (mai banali) colpi di scena.

L’escamotage del diario che incontriamo alla fine del romanzo, poi, sia pure certo non una novità nel filone mistery, ha il merito di riannodare le fila degli eventi che potrebbero sfuggire al lettore.

Non è un caso che, tra gli estimatori dello scrittore, ci fosse Dorothy L. Sayers, uno dei grandi nomi della letteratura gialla, che ne apprezzava le trame ingegnose e i personaggi “intriganti”.

[ads2]