16 Ottobre 2015 - 17:11

Legge di stabilità, criticità e punti di forza del nuovo piano Renzi

elezioni politiche

Matteo Renzi e Piercarlo Padoan presentano la legge di stabilità approvata dal Consiglio dei Ministri giovedì. La monovra, però, trova subito l’opposizione di Bruxelles e dei comuni ed evidenzia, come in altri casi, l’effettivo discatto dalla realtà dell’esecutivo

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In un periodo caratterizzato da modifiche nella maggioranza e nell’ organizzazione parlamentare, il governo, presieduto dal Segretario/Premier Matteo Renzi, ha presentato la legge di stabilità con la sua consueta tecnica delle slide (25 in tutto) formato social network.

Al grido “L’economia italiana e’ in ripresa” e “Il vittimismo è un ostacolo alla crescita”, il Presidente del Consiglio, accompagnato dal Ministro Padoan, ha mostrato i punti di forza dei nuovi interventi che però, come accade troppo spesso, non sempre si conciliano con la malridotta realtà italica.

La legge di stabilità interviene nella sostanza su tre macro tematiche considerate strategiche da Palazzo Chigi.

Il primo ambito di intervento riguarda le imposte ed i prelievi e considera i provvedimenti maggiormente contestati da Europa ed amministrazioni locali.

Pur avendo evitato l‘aumento dell’IVA e delle accise sulla benzina, il governo è intervenuto, si può dire con un vero e proprio colpo di mannaia, sulle imposte che fino ad ora avevano concesso un pò di respiro alle amministrazioni periferiche.

Legge di stabilità, criticità e punti di forza del nuovo piano Renzi

Legge di stabilità, criticità e punti di forza del nuovo piano Renzi

Infatti, si è adoperato ad abolire le tasse sulla prima casa (IMU e TASI, che viene eliminata anche per gli inquilini) e si intende ridurre l’IRES (l’imposta sui reddito delle società) dal 27,5% al 24% entro in 2017.

Pur necessitando di un’ampia rimodulazione (a causa delle diverse problematiche inerente le stesse imposte), si può dire che il taglio effettuato comporta due conseguenze non del tutto positive.

Da un lato i comuni saranno costretti a rimediare in qualche modo alla riduzione delle risorse (adottando la strategia delle tasse di sopo per tamponare i buchi presenti nei bilanci), come accadde in precedenza con l’abrogazione dell’ICI (Berlusconi docet), e dall’altro i cittadini tenderanno maggiormente a risparmiare, dato il grave periodo di crisi economica, piuttosto che ravvivare i consumi e far ripartire effettivamente l’economia.

Tutto ciò è stato sottolineato anche da Bruxelles (che ha più volte richiesto, piuttosto, la rimodulazione delle tasse sul lavoro), in piena guerra contro il governo italiano, le cui preoccupazioni sono date proprio dall’accentuarsi di una reazione a catena difficilmente recuperabile gli anni successivi.

Il secondo intervento è quello inerente il lavoro e la lotta alla povertà.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro è stata portata avanti un’operazione a quattro vie che comprende l’ammortamento (del 140%) degli investimenti delle aziende, ulteriori agevolazioni (seppur con numeri minori ai precedenti) per le aziende che intendono assumere, opzioni part – time pre – pensionamento e una riduzione dell’aliquota sulle partite IVA.

Escludendo l’ultimo provvedimento, che potrebbe portare ad una sorta di vantaggio per le piccole e medie imprese, gli altri tre presentano il classico problema del “cane che si morde la coda”.

Ancora una volta, non osservando per nulla la realtà, si tende ad attribuire ulteriori vantaggi alle aziende senza capire effettivamente la nota dolente del settore: il Jobs Act.

Infatti, la nuova riforma del lavoro, attraverso il “giochino” degli sgravi fiscali, ha fatto registrare più raggiri alla norma statutaria che effettive nuove assunzioni (solo 91.000 nei primi sei mesi dell’anno).

Le conseguenze dirette di questa situazione si riversano direttamente sul mondo delle pensioni che, naufragate nella “Legge Fornero”, si ritrovano in un limbo da cui non riescono ad uscire concretamente.

Sul fronte lotta alla povertà l’azione è stata a dir poco furbesca in quanto vengono previsti 600 milioni per il prossimo anno che si moltiplicano negli anni successivi senza considerare tutte le altre variabili presenti.

Anche in questo caso non si comprende che la ripresa dei consumi non dipende tanto dall’ “assistenzialismo statale” ma dalla scarsa sicurezza economica determinata da un blocco nel mercato del lavoro tanto in entrata quanto in uscita.

L’ultimo intervento, invece, riguarda la fiscalità, amministrazioni e cultura.

Il primo ambito riguardo l’uso del contante fino a 3.000 euro per ” semplificare la vita agli italiani” e favorire i consumi (provvedimento che presenta le stesse problematiche precedenti).

Il secondo, invece, in maniera quasi beffarda, pone al centro dell’attenzione i comuni virtuosi (per quelli che ne rimarranno), che avranno la possibilità di intervenire sulle strutture cittadine, e il fondo per il Sud legato esclusivamente alla Terra dei fuochi, Ilva di Taranto e l’eterna incompiuta Salerno – Reggio Calabria, senza considerare l’intera condizione del mezzogiorno d’Italia.

A seguire tutto ciò è l’operazione sulla cultura (con 500 nuove cattedre, 1000 nuovi ricercatori e 600 borse di studio in medicina) che, anche questa volta, non considera a risolvere ciò che effettivamente stenta a decollare ma rischia di far implodere un sistema da sempre in “precario” equilibrio.

La sfida e Renzi e del governo con la legge di stabilità è appena cominciata ma l’Europa, e l’Italia (almeno quella dei diretti interessati), sembra non voler stare, esclusivamente, a guardare.

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