3 Settembre 2015 - 10:32

L’Uomo Volante, conversazione con Adelmo Togliani

l'uomo volante

L’Uomo Volante sbarca al Festival di Venezia e siede alla tavola rotonda di Un film per farne un altro. ZON incontra il regista Adelmo Togliani 

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In occasione della 72° Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, il cortometraggio L’Uomo Volante di Adelmo Togliani, prodotto da Giallo Limone Movie in collaborazione con Accademia Togliani e con Bianca Guaccero protagonista, sarà presentato venerdì 4 settembre 2015 alle ore 16.30 all’Italian Pavilion – Sala Tropicana dell’Hotel Excelsior di Venezia (Lungomare Guglielmo Marconi 41, Lido) all’interno della tavola rotonda “Un film per farne un altro”.

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L’Uomo Volante alla tavola di “Un film per un altro”

ZON ripercorre le tappe produttive del film insieme al regista Adelmo Togliani. 

Qual è il legame tra il budget e il risultato finale de L’uomo volante, mi spiego. Sei partito con un’idea precisa o sei partito da un budget per scrivere il tuo film?

Siamo partiti dalla sceneggiatura e si è subito manifestata come quella di un film ‘complicato’. Non a livello di temi trattati, ma di coefficiente di difficoltà in termini di realizzazione. Dalla prima stesura erano già previste 5 epoche storiche differenti e di questo, in fase di realizzazione, ci hanno rimproverato un po’ tutti: dagli organizzatori generali allo scenografo, ma io e Laura Beretta, con la quale ci siamo occupati del reperimento risorse finanziarie, eravamo sicuri di potercela fare. Oggi possiamo dire di avercela fatta, ma guardandoci indietro aggiungo che siamo stati dei pazzi. Nella storia, negli anni ’90 abbiamo sostituito per motivi pratici un treno – come inizialmente previsto in sceneggiatura – con una nave, con la quale i nostri protagonisti partono per un inter rail. I protagonisti (Adelmo Togliani e Bianca Guaccero, ndr) hanno due giovani attori ciascuno che interpretano il loro ruolo dall’infanzia fino all’adolescenza. Per trovare i corrispettivi dei protagonisti da giovani abbiamo fatto centinaia di provini. Abbiamo pensato in grande e fatto di tutto per chiudere il budget che era stato prefissato. Dobbiamo ringraziare tante persone che ci hanno aiutato e non solo economicamente.

Ci sono scelte estetiche o di contenuto che riflettono il percorso che hai fatto per realizzare L’uomo volante: difficoltà, delusione, precarietà.

Sì ci sono, ma nel corto non trovano una chiusa. Il film di cui, come molti sanno, il corto è solo il punto di partenza, ha invece anche un lieto fine preciso e definito. Questo aspetto manca ancora nel corto, dove le stesse difficoltà, delusioni e senso di precarietà che vivono i protagonisti del film, sono tuttavia solo accennate. È un po’ nel mio stile, lo ammetto, ma su un’opera più lunga so anche che questi aspetti hanno bisogno di essere accentuati e chiariti fino in fondo. Abbiamo moltissimo da raccontare e approfondire. L’Italia che il protagonista mal sopporta, perché scontento della sua situazione professionale e dello scenario che gli si prospetta giorno dopo giorno, si avvale nel lungometraggio di episodi autobiografici che danno veramente il senso di precarietà in cui il personaggio di Achille vive. Sono certo che molti quarantenni si riconosceranno in lui.

L’uomo volante si può definire un mediometraggio, una forma che rimane sospesa tra il cortometraggio (più legato al discorso per immagini) e il film (la sintesi tra narrazione e stile). L’uomo volante è forse l’idea della sospensione tra la bozza e il contenuto finale del film?

Il mediometraggio possiamo definirlo un corto più lungo ma non un film più corto. Però nel nostro caso possiamo sicuramente definirlo un mini-film. Però aggiungo, agganciandomi all’introduzione della tua domanda, che non credo neanche che il corto sia solo un esercizio di stile, perché da quando l’uso della pellicola è scomparso nella realizzazione di queste opere, tutti hanno pensato di cimentarsivi, visto i costi non più proibitivi, rispetto al passato, nella narrazione di storie. Non più episodi che ruotano esclusivamente attorno ad un’idea, ma la fortissima aspirazione al racconto dei personaggi e delle loro vicende. Per molti filmaker, da tanti anni a questa parte, il cortometraggio sta stretto già dopo la prima, forse la seconda opera.

La precarietà del regista italiano si esprime attraverso un film che nasce come viaggio nel mondo del cinema, e quindi L’uomo volante non è solo un omaggio agli anni ’80, ma forse ad una pratica artistica (e un sistema) che sta scomparendo?

Magari tornassimo agli anni ’80. Si respirava un’aria differente. Il nostro cinema era comunque in declino ma c’era un modello americano a cui ispirarsi al quale io sono molto legato, un immaginario straordinario, fatto di storie ancor in grado di farci sognare e che poteva diventare un punto di riferimento. Io non mi arrendo e se questo sistema sta scomparendo,cioè bussare a tutte le porte, tentare strade nuove di finanziamento come è successo a noi, un certo azzardo nel racconto, scrivere storie da sogno e con una certa libertà creativa, allora L’Uomo Volante potrebbe diventare esemplare in questo senso e io una specie di corsaro.

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