28 Luglio 2016 - 18:47

“Malammore”, Luchè e un disco molto intimo e personale

“Malammore” è il terzo album del rapper partenopeo Luchè, pubblicato lo scorso 15 luglio. Un disco che segna un solco col passato mostrandoci un artista a tutto tondo

[ads1]

“Adesso urla venduto, perché mi sono evoluto”. Così cantava Luchè , all’anagrafe Luca Imprudente, nel brano “Lo so che non m’ami” contenuto in L1, primo disco da solista pubblicato dall’artista partenopeo nel 2012. Quella che all’epoca forse non è stata molto capita, era quasi sicuramente una evoluzione musicale, già iniziata nel tardo periodo Cò Sang’ e che ha avuto una profonda svolta in L2, datato 2014, per poi concretizzarsi in maniera totalitaristica in “Malammore”, l’ultimo disco del rapper pubblicato lo scorso 15 luglio per l’etichetta Universal.

Un album che, probabilmente, dai più superficiali verrà ricordato per essere il contenitore de “O primmo ammore”, brano inserito nella colonna sonora di Gomorra e che in realtà è solo la punta dell’iceberg di un progetto ben più ampio, dalla gestazione lunga ed in cui si nota la voglia di imporsi sulla scena hip-hop con qualcosa di diverso e soprattutto personale. Proprio quest’ultimo aggettivo può essere quello ideale per descrivere con una sola parola l’intero disco, in cui Luchè quasi sembra mettersi a nudo trattando temi molto intimi e privati, con liriche che a tratti sembrano somigliare ad una specie di confessione forse fatta per fuoriuscire da quella gabbia di pistole e vita dura che lo ha accompagnato per anni.

Pezzi come “Lo stesso viso”, “Andrò via da qui”, “Ti amo” o “Quando non ero nessuno” ricalcano in pieno questo discorso e ci mostrano un Luca Imprudente diverso e forse molto meno freddo e rude di come molte delle sue precedenti creazioni hanno fatto credere. Il tutto è amplificato dall’utilizzo della lingua italiana che sovrasta la presenza di un dialetto mai abbandonato del tutto ma stavolta ridotta ai minimi termini. 

 MalammoreDal punto di vista musicale abbiamo a che fare con un lavoro poliedrico ed in grado di accontentare un po’ chiunque grazie ad uno studio pregresso fondato sul ricco background musicale dell’artista che si riflette in una commistione di strumentali oscillanti tra l’avanguardia, come nel caso di “Violento” o “Bello” che compongono i classici banger spocchiosi del disco, e le sonorità classiche di genere come si nota in  “E’ sord”, “Quelli di ieri” o “Fin qui”, il cui ascolto suona molto “oldies’ tipo ghetto di Brooklin“.

Restando in tema una menzione speciale da questo punto di vista è doverosa nei confronti de “Il mio nome”, dotata di un sound pazzesco che strizza l’occhio alle maggiori produzioni americane, e “Non mi va”, interessante cover del pezzo di Vasco che, a dispetto di quanto ci si aspetti, non viene contaminata in alcun modo dal rap.

In base a tutte queste premesse, quindi, quasi sicuramente “Malammore” può rappresentare senza dubbio una svolta su due livelli  perchè in primis si pone in contrasto con le mode attuali di genere, oscillanti tra trap e utilizzo massiccio di autotune, in quanto caratterizzato di un sound proprio che forse rappresenta un unicum nel mercato italiano, ed inoltre potrebbe costituire anche una pietra miliare che funge da spartiacque per la carriera dell’artista partenopeo che, pur restando fedele alla vita di strada da cui proviene, si dimostra di poter essere anche altro rispetto alla semplice Gomorra.

[ads2]