28 Settembre 2015 - 00:03

Mastroianni, regista in crisi nel ruolo dell’inetto

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Marcello Mastroianni, volto noto e uomo legato ad ogni italiano del dopoguerra. Nasceva il 28 settembre del 1924 a Fontana Liri, molto vicino alla Capitale del cinema 

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Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita daccapo? Scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella? Riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perché è la tua fedeltà che la fa diventare infinita…saresti capace?”

Marcello Mastroianni è Guido in Otto e mezzo di Federico Fellini, un regista in crisi con se stesso, incapace di trovare la forma adeguata al suo mondo interiore, tutto da esprimere. Manca la scintilla, quell’inquadratura o quella frase, quel sentimento o quell’immagine, per fare di un momento di stallo creativo una svolta nel suo cinema.

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Marcello Mastroianni in Otto e mezzo di Fellini

Alter ego di Fellini, Mastroianni non crede più, né in se stesso né negli altri. Il film non c’è, perché il regista vorrebbe spiegarsi, ma non sa “dire”. “Confusione. Questo sono io…accettami così come sono, se puoi…è l’unico modo per tentare di trovarci“.

Il profilo di Marcello Mastroianni è una bozza confusa di un uomo che incontra il cinema negli anni ’30, entra nel discorso interno di un linguaggio che sta per gettare le basi della rivoluzione storico-culturale del Paese.

È fortunato fin dai primi approcci, lavorando come comparsa con Vittorio De Sica e Alessandro Blasetti. Meglio negli anni ’40, quando diventa protagonista di film importanti come I miserabili (Riccardo Freda), Cronache di poveri amanti (Carlo Lizzani) e Le notti bianche (Luchino Visconti).

Vero. Stiamo parlando del periodo d’oro del cinema italiano, in cui grandi attori spiccano dietro la sensibilità di registi autentici, che suscitavano pezzi di vita da ogni elemento del film; dalla presenza umana a quella immateriale.

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Divorzio all’italiana, Pietro Germi 1961

Marcello Mastroianni è sintesi, percorso interno di un uomo che attraversa la storia, la politica, la cultura e il costume dell’Italia, con una tale fede da diventare alter ego di ogni singolo uomo italiano del dopoguerra.

Sono gli anni ’50 il trionfo della sua carriera, in particolare con la commedia all’italiana d’autore. Divorzio all’italiana di Pietro Germi, con una memorabile Stefania Sandrelli, è forse in uno dei suoi ruoli migliori: l’inetto, che lo perseguiterà nei film successivi, trascinando con sé quel senso d’inadeguata presenza tra le mura domestiche borghesi o/e proletarie, in una società moderna, dentro il boom economico, sfruttato dal quarto potere.

Incapace, insofferente, privo di quella virilità di derivazione militare e fascista, perché la borghesia è mito sfatato, un concentrato di noia e azioni stereotipate, che implicano la perdita d’identità.

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Matrimonio all’italiana, Vittorio De Sica 1964

Divorzio all’italiana modella un Mastroianni irripetibile, che, in preda ad una crisi di nervi (isterico?), cerca in ogni modo di liberarsi dal vincolo matrimoniale per sentirsi finalmente un uomo, perché l’uomo si realizza fuori dal matrimonio (vedi anche Il bell’Antonio).

Matrimonio all’italiana (Vittorio De Sica), poi, scioglie un altro nodo cruciale del costume italiano. Con una Sophia Loren imprevedibile, siamo nel pieno della produttività artistica di Marcello Mastroianni, in quegli anni ’60 che lo trasformano da volto a icona. “Marcello, Come Here!”, recitato dalla sinuosa Anita Ekberg nella Fontana di Trevi scenografia de La Dolce Vita di Fellini, l’attore supera i limiti della maschera dell’uomo nel suo trapasso tra la prima e la seconda guerra mondiale, per essere (identificarsi) presagio di una nuova caratterizzazione: il paparazzo, quel risultato del benessere economico che scova e svende l’immagine decadente di una borghesia romana tra onirismo e perturbazione.

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La Dolce Vita, Federico Fellini 1960

Desidera però fare lo scrittore, si accontenta e “rosica”. Ritratto del giovane maschio italiano, di una gioventù che si consuma di scandali, ma che sogna la vita.

Identità in conflitto ritornano con Una giornata particolare (Ettore Scola), e poi un Enrico IV (Marco Bellocchio) degli anni ’80, in cui esprime al massimo le sue doti da uomo arrabbiato, infuocato.

Numerosi riconoscimenti, dal Nastro d’Argento al Globo d’Oro: Marcello Mastroianni è l’uomo, quello italiano; è simbolo dei processi evolutivi, zoppicanti e tragicomici, dell’italiano medio-alto che, spesso, partendo dal basso si ritrova a schifare anche le migliori posizioni sociali in cui si crogiola.

Un inetto, un eterno disadattato, un uomo comune e un eterno volto da ricordare quando si pensa al cinema e all’uomo italiano. 

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