9 Aprile 2015 - 13:03

Memento: ricorda qual è la realtà!

Memento

Nel 2000 giungeva in Italia Memento, il film di Christopher Nolan capace di mettere in discussione tutte le certezza che si possano avere sulla memoria

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Partiamo dalla fine: per quanto possa sembrare strano è proprio così che funzionano le cose in questo film del 2000 di Christopher Nolan, regista che qualcuno ricorderà per il più recente Inception. Si comincia da quella che, per logica, dovrebbe essere l’ultima scena e, se non si ha la fortuna di leggere una recensione del film prima di guardarlo, si può fare l’errore di pensare proceda a caso.

MEMENTOLa trama di Memento assomiglia a tutto tranne che ad un filo con un inizio ed una fine e, difatti, l’ordine delle scene vede susseguirsi l’ultima, la prima, la penultima, la seconda e così via.
Per quale ragione tanta confusione? Ebbene, il problema sta tutto nella memoria, quella a breve termine che, nel protagonista del film, è gravemente danneggiata.
Leonard Shelby, in seguito ad un’aggressione, durante la quale ha perso anche la moglie, non riesce più ad acquisire ricordi, con la conseguenza che la sua vita è diventata un continuo, spaesante ricominciare da capo.

Con qualche nozione spicciola di psicologia si potrebbe dedurre che il protagonista di Memento soffra di una forma di amnesia anterograda che, a differenza della più nota amnesia retrograda, lascia intatti i ricordi precedenti al trauma ma rende impossibile la memorizzazione di quelli che lo seguono. Soltanto le azioni, mediante reiterazione, possono essere ancora apprese.

Il metodo seguito da Leonard punta proprio sulla ripetizione delle stesse azioni, ogni giorno, in ogni momento; dà un’occhiata alle sue Polaroid, per ricordare i volti, legge gli appunti sparsi ovunque, su foglietti di carta, sulle foto, ma soprattutto sul suo corpo. Il metodo più sicuro per non dimenticare le cose più significative, infatti, è tatuarsele addosso, e la cosa più importante da ricordare è la vendetta che Leonard deve alla moglie.

Così l’unica strada per fuggire dallo spaesamento assoluto generato dalla mancanza di una sequenza cronologica Mementodiventa quella del seguire gli imperativi di volta in volta appuntati. La parola memento, infatti, è l’imperativo latino del verbo memini; memento sta semplicemente per “Ricorda!. Nel caso del personaggio principale di questo film, però, memento sta anche, implicitamente, per “Fidati!”, perché ciò che è scritto è un fatto, mentre la memoria inganna.

La memoria inganna: lo sostiene con forza Leonard. E non si riferisce soltanto alla sua memoria disturbata ma alla capacità di ricordare in generale. Gli si può dare torto? Di fatto no, perché la memoria ha davvero l’inquietante capacità di modificare le tracce acquisite, di riempire i “buchi” laddove manca qualcosa. La memoria è soggetta continuamente all’insospettabile tentazione di autoingannarsi.

Si potrebbe quindi concludere che un uomo senza memoria, che si fidi soltanto dei vari “Memento!” appuntati qua e là, non si inganni affatto? Il film di Nolan ci dimostra l’esatto contrario. Se la memoria si inganna è per proteggersi: taglia, incolla, sostituisce perché c’è qualcosa che non vuole o non può affrontare. Tutto ciò avviene inconsciamente. Questo meccanismo difensivo, in Memento, è portato alla coscienza; Leonard non ha una memoria che lo protegga o lo accusi, le tracce degli avvenimenti che lo coinvolgono sono gli appunti scritti di suo pugno. Se inganno c’è non può che essere volontario.

Memento è quindi l’allucinante racconto di un grande autoinganno della coscienza, fatto e prontamente dimenticato per poter essere ritenuto vero.

Arthur Schopenhauer, all’inizio della sua opera più nota, sosteneva: Il mondo è una mia rappresentazione.  A guardare Memento sembrerebbe che le cose stiano davvero così.

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