18 Febbraio 2015 - 12:03

Michelangelo Buonarroti: 451 anni dal testamento “non-finito”

Ricorre oggi l’anniversario della morte di Michelangelo, “Uno spirito inviato da Dio per mostrare la perfezione dell’arte”

[ads1]

Michelangelo Buonarrotti, prima di morire il 18 febbraio 1564, era un uomo di 89 anni che lavorava, nonostante le sue pessime condizioni di salute, al suo ultimo capolavoro, un’opera che raccolse il suo ultimo talento prima di posare per sempre il suo scalpello.

Michelangelo fu trovato morto nella sua casa a Roma, tra tante opere incompiute e manoscritti. Tra le tante sculture ce n’era una in particolare.

Giorgio Vasari

Giorgio Vasari

Prima di andare avanti, facciamo qualche passo indietro per capire qualcosa in più di Michelangelo scultore. Innanzitutto, è stato una figura dominante di tutto il XVI secolo per il suo contributo all’architettura, alla pittura e alla scultura rinascimentale; secondo Giorgio Vasari egli era “Uno spirito inviato da Dio per mostrare la perfezione dell’arte“.

Non vi è stato artista del XVI secolo che non abbia risentito della sua personalità. Però, per Michelangelo, come per Leonardo e pochi altri, c’è bisogno di conoscerlo oltre il mito, cioè storicamente ed entro il suo ambiente.

Nato a Caprese nel 1475, è cresciuto a Firenze studiando nella bottega del Ghirlandaio. Un soggiorno molto importante è stato quello presso il “Giardino di San Marco”, dove Lorenzo il Magnifico aveva raccolto opere antiche e i giovani studiavano sotto la guida di Bertoldo. Michelangelo, in quel periodo affermava l’impegno culturale dell’arte, prima che manuale, sostenendo che “Si dipinge con la mente non con la mano”.

Se la visione di ciò che deve essere rappresentato è già nella mente dell’artista, l’esecuzione in scultura consisterà nel ricavare quella visione dal marmo, spogliando questo di ogni soverchio e lasciando emergere l’immagine libera. La statua vive in potenza dentro il blocco e solo l’artista ha la chiave per liberare dalla materia l’idea che in essa vive eternamente. Questa chiave è rappresentata dallo scalpello. La nostra attenzione si ferma sulla scultura michelangiolesca, tralasciando la pittura e l’architettura, perché sarà la scultura ad accompagnarlo fino alla fine dei suoi giorni e perché concepirà l’arte pittorica e architettonica sulla base dell’arte scultorea.

Michelangelo

Con una delle prime opere scultoree, La Battaglia dei Centauri, lo spazio è creato dal diverso emergere delle figure dalla lastra.

La forma è estratta dalla lastra in modo progressivo: la scultura ci appare non come è “un essere“, ma come “un divenire” grazie all’artista. Questa concezione della scultura in movimento si trasformerà in “un divenire mai finito“.

A Roma  scolpisce la famosissima Pietà di San Pietro, dove riscontriamo una totale idealizzazione della forma. L’opera non vuole essere narrativa, ma vuole esprimere un’idea: la perfezione divina oltre la vita e la morte. In quest’opera il gruppo è estratto dalla lastra di marmo frontalmente e ci permette una visione solo frontale. La perfezione e l’idealizzazione formale di quest’opera ritornano in una nuova veste nell’ultimo periodo, quando ritorna a scolpire Pietà, ma in un modo nuovo che ancora oggi affascina e stupisce.

MichelangeloPrima di passare all’ultimo periodo della sua lunga vita scandita da numerose opere per importanti commissioni e di alterchi a causa del suo carattere poco piacevole, Michelangelo scolpisce un’altra statua, una delle sue creazioni più note: Il David.

La storia comincia come la favola di Pinocchio, ma invece del pezzo di legno, Michelangelo aveva un blocco di marmo già utilizzato e abbandonato in un cortile. Michelangelo, come il falegname della favola di Collodi, ricava dal blocco una nuova forma e gli dà un nome, David. Nel suo marmo, però, la forma era già presente perché un artista precedentemente aveva estratto la sua forma e poi lo aveva abbandonato. Questo poteva accadere perché ci sono infinite forme in una materia, è l’artista a scegliere quale portare fuori per sempre, ma soprattutto come farlo nel modo migliore.

MichelangeloLa tecnica scultorea di Michelangelo subisce, nel tempo, un’evoluzione che lo accompagnerà fino alla morte. Con il San Matteo per il Duomo di Firenze, Michelangelo dà vita all’incompiuto. Il primo dei dodici apostoli non è stato mai portato a termine. È incompiuto, ma non sappiamo fino a che punto!

Da quest’opera in poi molte statue saranno incompiute per una scelta dell’autore, perché l’idea è irraggiungibile e l’uomo può soltanto tendere verso l’idea, ma non può raggiungerla perché è un uomo finito. L’ intuizione michelangiolesca dell’eterno e della caducità delle cose, si trasforma nella tecnica del non-finito che toglie alla statua la perfezione del modello. Essa, infatti, resta sempre in fieri.

MichelangeloTralasciando molte opere, mentre lavorava alle opere pubbliche (Il Campidoglio e La Basilica di San Pietro) nel suo ultimo soggiorno romano, realizzò ben tre Pietà tornando alla scultura, filo conduttore della sua vita.

Realizzate per se stesso, queste opere rappresentano lo specchio della sua anima.

Nella prima, la Pietà Bandini, sono presenti: Nicodemo incappucciato che cala Gesù, aiutato da Maria e Maddalena. Nicodemo è il vertice del gruppo e nella sua figura si pensa che l’artista inserì un proprio autoritratto, mentre Maria e Gesù, grazie al non-finito, tornano ad essere un corpo solo.

MichelangeloNella seconda, la Pietà di Palestrina, attribuita a Michelangelo non in modo certo, ci sono tre persone: Maria, Maddalena e Gesù. Rispetto alla prima, si accentua il senso della caduta verso il basso: il corpo di Gesù diventa più pesante a causa di alcune parti enormi.

Nella terza, la Pietà Rondanini, scopriamo addirittura il “testamento spirituale” dell’autore.

A questa scultura Michelangelo ha lavorato fino a sei giorni prima di morire. MichelangeloNon più quattro o tre persone, ma solo due: la Madre e il Figlio.

All’origine la testa di Cristo doveva essere reclinata verso sinistra poi, in corso d’opera, l’artista ha modificato l’idea.

La Pietà Rondanini è la rappresentazione di due forme non-finite congiunte dall’amore. Il non-finito è la porta che conduce Michelangelo all’assoluto e al divino.

Oltre il dolore e la morte, il non-finito è l’unico gesto che spetta allo scultore di fronte alla potenza infinita dell’amore tra la Madre e il Figlio.

Dopo 451 anni, il non-finito di Michelangelo della Pietà Rondanini rappresenta il dono eterno di un artista all’umanità sfiorando, poco prima di morire, l’infinito con lo scalpello.

[ads2]