4 Gennaio 2016 - 19:31

Monte Sant’Angelo, la casa di Dio e la porta del Cielo

Ingresso Santuario Monte Sant'Angelo

La Puglia è stata definita da National Geographic la “regione più bella del mondo” e il Gargano, da qualche anno a questa parte, è tra le mete turistiche più ambite, anche tra gli stranieri, al pari del più famoso Salento. Perché se il Salento pizzica, il Gargano mozzica, e, aZONzo, vi porta al santuario di Monte Sant’Angelo, “impressionante” luogo di fede e antica bellezza che può “trafiggere come un dolore”

[ads1] Eppure il Gargano non è solo il mare cristallino e le spiagge di Vieste, Peschici e Vico, la montagna che si getta nel mare ed il sole dei tramonti infuocati.

Il Gargano è anche altro, è storia, arte e spiritualità. Non si spegne d’estate, ma vive tutto l’anno. Se la costa si popola maggiormente durante la bella stagione, infatti, la piccola Monte Sant’Angelo viene raggiunta da visitatori provenienti da tutto il mondo 365 giorni all’anno, rientrando, insieme alla forse più celebre San Giovanni Rotondo, tra le mete religiose di maggiore interesse in Puglia.

In realtà il santuario di Monte Sant’Angelo è uno dei santuari più importanti dell’occidente latino dedicato al culto micaelico (tanto da essere definito dallo studioso Ferdinand Gregorovi “la metropoli del culto dell’Arcangelo in Occidente”), assieme all’abbazia di Mont-Saint-Michel, la Sacra di San Michele in Val di Susa, alle quali è collegata dalla Linea Sacra Michelita, tracciata, secondo la leggenda, dalla stessa spada di San Michele.

Il santuario viene anche chiamato “Celeste”, poichè unico e solo luogo sacro non consacrato da mano umana, bensì angelica, durante la prima delle quattro apparizioni dell’Arcangelo Michele, nel 490, sotto il pontificato di Papa Felice III. Tale apparizione ha radici in un fatto storico, al limite con il mito, narrato nel Liber de apparitione Sancti Michaelis in Monte Gargano, secondo cui un ricco possidente del posto, Elvio Emanuele, perse uno dei suoi tori per ritrovarlo, dopo diversi giorni, sulla cima del monte, dinanzi ad una caverna a lui inaccessibile e “Mosso dall’ira perché il toro pascolava da solo, prese l’arco, cercò di colpirlo con una freccia avvelenata. Questa ritorta dal soffio del vento, colpì lo stesso che l’aveva lanciata”. Scosso dall’evento si recò dal vescovo, il quale ordinò tre giorni di preghiera e digiuno. Al terzo giorno, l’8 maggio, l’Arcangelo apparve al vescovo dicendo: «Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra. E poiché ho deciso di proteggere sulla terra questo luogo ed i suoi abitanti, ho voluto attestare in tal modo di essere di questo luogo e di tutto ciò che avviene patrono e custode. Là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini. Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Va’, perciò, sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano».  Le successive apparizioni avvennero nel 492, nel 493 (a seguito della quale la Santa Grotta fu consacrata) e nel 1656.

“TERRIBILIS EST LOCUS ISTE. HIC DOMUS DEI EST ET PORTA COELI”, ossia “IMPRESSIONANTE É QUESTO LUOGO. QUI É LA CASA DI DIO E LA PORTA DEL CIELO”. Questa è la frase che accoglie i visitatori all’ingresso della Basilica e che accolse, nel 1216, ottocento anni fa, anche San Francesco d’Assisi, durante il suo pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo, presso il santuario. Il “poverello” d’Assisi, si narra, non si sentì degno di entrarvi, fermandosi in preghiera al di fuori. Baciò la terra in segno di venerazione ed incise su di una pietra un segno di croce a forma di tau (il simbolo che nella Bibbia era impresso sulla fronte ai predestinati all’eterna glorificazione), sancendo, in questo modo, la sacra Grotta tempio prescelto dagli angeli per la salvezza di molti.
E, non a caso, in questo Giubileo straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco, il 19 dicembre 2015 è stata aperta una Porta Santa anche presso la Basilica di San Michele Arcangelo, nel paese arroccato sul Monte Gargano.

La Basilica di Monte Sant’Angelo è composta da un’ampissima grotta calcarea (già luogo di culto in epoca greca e romana, dedicato al dio Calcante, come riporato dallo storico Strabone) e da un complesso monumentale eretto intorno e modificato più volte nel corso dei secoli. Nello specifico si distinguono un livello superiore ed uno inferiore, collegati tra loro da una lunga scalinata di cinque rampe di epoca angioina. Il livello superiore è costituito dal campanile angioino, eretto nel 1282 da Carlo I d’Angiò come ringraziamento all’Arcangelo per la conquista dell’Italia Meridionale e dall’Atrio Superiore, del XIX secolo, che rappresenta l’attuale ingresso del santuario. Mentre il livello inferiore comprende la grotta, a cui si accede attraverso le Porte Bronzee, di fattura bizantina, sulle quali sono incise le parole dell’Arcangelo “Dove si spalanca la roccia, lì saranno perdonati i peccati degli uomini”, il museo devozionale e le cripte longobarde.

Un complesso architettonico di grande bellezza che l’UNESCO ha riconosciuto nel 2011 come Patrimonio Mondiale dell’Umanità insieme alle altre sei località del sito seriale Longobardi in Italia: i luoghi del potere. Bellezza nettamente differente, è quella della Santa Grotta, per cui, dal 2014, secondo la National Geographic, essa è ottava tra le dieci grotte più belle al mondo. Una bellezza accompagnata da una grande suggestione e commozione, non solo per i credenti; un esempio di quella “Bellezza che ci può trafiggere come un dolore” citando Thomas Mann. [ads2]