16 Aprile 2015 - 18:11

Musica Pop a spasso nel tempo: i Postmodern Jukebox

Postmodern Jukebox: un Ensemble di musicisti che decostruisce i più noti successi della musica pop contemporanea riassemblandoli in chiave vintage

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L’idea di base è semplicissima e intuitiva, e ce n’è per tutti i gusti – ragtime, latin, country e bluegrass – e nessuno, ma proprio nessuno, viene risparmiato: da Lana Del Rey a Ke$ha, da Lady Gaga agli One Direction.

Il tutto parte da una geniale pensata di Scott Bradlee, un ragazzo americano che, da come ci descrive in una sua dichiarazione, con il mondo della musica pop proprio non voleva avere nulla a che fare:

“Sono Scott Bradlee e ho alle spalle un lungo rapporto di amore/odio con la musica pop. Crescendo come aspirante pianista jazz non mi interessava ascoltare musica che ritenevo degna di gusti meno raffinati. Quest’ignoranza volontaria continuò per un po’, almeno finché non iniziai a pubblicare video su YouTube. Ricevevo richieste per eseguire canzoni moderne, fu a quel punto che decisi di provare ad abbandonare i miei preconcetti e approcciarmi finalmente con una mentalità aperta alla musica pop contemporanea. Quello che scoprii è che, senza prima definire una serie di regole arbitrarie, figlie di un certo tipo di cultura, non avrei potuto chiamarla cattiva musica, se non in base a criteri arbitrariamente ‘culturali’ e che tutto il lavoro di analisi non poteva negare un fatto: nelle canzoni e negli artisti in questione risuona la cultura dei nostri tempi. Come uno spietato avvocato del diavolo mi resi conto che, semplicemente alterando il contesto di quelle canzoni, avrei potuto scoprire in esse un bel po’ di meriti artistici.

musica popPronto improvvisamente a difendere la causa della tanto martoriata musica pop contemporanea, Bradlee rompe la barriera di pregiudizio culturale che ricopre il pop da alta classifica, prendendo la “cattiva musica” dei giorni nostri e riabilitandola anche agli orecchi dei più esigenti ed elitari, facendoli viaggiare musicalmente nel tempo semplicemente riarrangiandoli. E proprio gli arrangiamenti sono la chiave che rende i Postmodern Jukebox unici nel suo genere: meticolosi, virtuosi e accattivanti.

Un lavoro artistico improntato, soprattutto, sul divertimento. Qualunque cosa tocchino questi ragazzi diventa irresistibile e divertente.

I video prodotti dal fenomeno Postmodern fanno registrare numeri vertiginosi su YouTube, alcuni brani, come la meravigliosa rilettura di “We Can’t stop” di Miley Cyrus in chiave Doo-wop, hanno già sfondato le 10 milioni di visualizzazioni.

Sfogliando la pagina Youtube si entra in un Jukebox virtuale, che trascina con ironia e sobrio divertimento in un mondo musicale che sembrava ormai lontano dalle nostre orecchie.

Le rivisitazioni magistrali di questi successi commerciali (come “Call me Maybe” di Carly Rae Jepsen), tutte riprese con una telecamera fissa nell’appartamento di Bradlee, riescono nella loro sobrietà di un tempo ad esorcizzare anche la hit più “truzza” (come “Timber” di Pitbull) catapultandola in decenni lontani e sbiaditi. E quando, in tutto ciò, è l’ironia a farla da padrona, diventa anche semplice e normale imbattersi improvvisamente in un triste clown dalla voce d’oro che interpreta in chiave crooner e con tanto di coriste il tormentone “Royals” di Lorde.

Un simile lavoro deve avere una logica e una motivazione valida per non farlo diventare routine, quel circolo vizioso del “prendo una canzonetta e la faccio diventare bella” che alla lunga può stancare e diventare un nuovo cliché musicale.

Per Bradlee non si tratta di semplice tecnica, del riprendere una canzone e trasformarla in “vintage”, ma di trasmettere emozioni.

Lo scopo e la motivazione principale è liberare il potenziale di tanti brani contemporanei che, se ascoltati lasciando i pregiudizi di genere a casa, prendono una piega e una luce diversa:

“Dopo avere ascoltato ‘Story Of My Life’ degli One Direction pensai sarebbe stato interessante ascoltare il testo cantato da qualcuno più anziano. Dopo tutto si tratta di una canzone piuttosto spessa. Notai inoltre che la sequenza degli accordi poteva essere trasformata in una progressione armonica in chiave jazz di New Orleans e la cosa mi entusiasmò”.

Bradlee fa sul serio e sembra intenzionato ad ampliare i contorni e colori di questo progetto:

“Voglio dare il miglior contributo possibile al lessico pop. Voglio incoraggiare altri ad allargare i confini dei generi fornendo loro gli strumenti per farlo. Insieme a questo, voglio creare un universo alternativo della canzone”.

Il messaggio è “open source” ed è quello di prendere spunto e di diffondere il metodo quanto più possibile e chissà se magari un giorno qualcuno nel nostro belpaese prenderà in considerazione l’idea, riarrangiando in chiave standard jazz alcuni brani di Vasco o di Ligabue, che tanto fanno storcere il naso ad alcuni puristi della musica nostrani.

Siete intenzionati all’idea? 

Bene, perché Bradlee ha pensato proprio a tutto, con un e-book in cui spiega come riarrangiare qualsiasi brano in chiave “ragtime”, disponibile online a questo indirizzo.

Un progetto che convince, studiato nei minimi dettagli non solo musicalmente, ma anche nella comunicazione e nella visibilità.

Tirate fuori i vostri abiti più eleganti e viaggiate nel tempo per qualche minuto, a prescindere dai risultati e dalle intenzioni, quella dei Postmodern Jukebox sembra una bella scommessa vinta in partenza.

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