21 Marzo 2016 - 16:05

Obama sbarca a Cuba, la fine di un’epoca?

Barack Obama è arrivato a Cuba nella giornata di ieri. “Meraviglioso essere qui” ha dichiarato. L’ultima visita di un presidente americano risale al 1928

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Il binomio USA-Cuba inevitabilmente afferisce ad un momento cruciale della storia contemporanea. Scoppiata la guerra fredda e instaurato il bipolarismo ideologico-politico, il 19 ottobre 1960, il governo degli Stati Uniti votò per el bloqueo, l’embargo economico, commerciale e finanziario contro il governo socialista castrista. Gli Stati Uniti d’America e, quindi i cittadini americani, non potevano intrattenere nessun tipo di rapporto diplomatico, economico o commerciale con l’isola, a causa del nuovo assetto strutturale instauratosi successivamente alla Rivoluzione Cubana del 1959. 

Subito dopo il rovesciamento del governo filo-americano di Fulgencio Batista e la presa del potere da parte delle forze rivoluzionarie guidate da Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara, a Cuba venne inaugurato un nuovo corso politico, antitetico allo status quo americano. La vasta nazionalizzazione economica, con la fine del dominio economico statunitense su Cuba, l’adozione di politiche di stampo socialista e il nuovo posizionamento internazionale incrinarono i rapporti, sino al tentativo controrivoluzionario promosso dal governo americano, con la presidenza Kennedy, e dalla CIA nell’Aprile del 1961. Le milizie locali riuscirono a respingere l’ingente schieramento americano, l’invasione della Baia dei Porci non fruttò il risultato sperato, per cui Cuba non rientrò nella sfera di influenza atlantica.

La crisi missilistica del 1962 non solo determinò la definitiva rottura tra Stati Uniti e Cuba, ma rappresentò una delle fasi più angosciose dell’intera guerra Fredda, per via del confronto nucleare diretto tra il blocco occidentale e il fronte sovietico. Nello stesso anno, venne ufficializzato l’embargo.

Dall’inizio degli anni ’60, l’isolamento economico dell’isola ha scongiurato ogni ipotetico sforzo diplomatico, per via delle divergenze concettuali e dottrinali, per cui il gigante americano non è riuscito procacciare interessi presso Cuba. Un isolamento che ha comportato una relativa autonomia, in termini di iniziativa e libero arbitrio, possibile solo se non v’è ingerenza terza, seppur un abbassamento degli standard in termini di benessere, se confrontati con le società occidentali degli anni 60.

Dopo 56 anni, quel Barack Obama premio nobel per la Pace, agli sgoccioli del suo secondo mandato, ha deciso di rompere il silenzio e riallacciare i rapporti con uno dei nemici storici. Non v’è più Fidel alla guida, ma Raul Castro, meno ortodosso del fratello e meno restio al progressivo riavvicinamento alla borghesia occidentale.

Dopo la visita della capitale, Obama si prepara per l’incontro con Raul, che si terrà quest’oggi in Piazza della Rivoluzione in omaggio a José Martì, simbolo dell’indipendenza cubana. Poi una conferenza stampa, a cui presiederanno entrambi i leader e probabilmente l’incontro con Fidel. Il viaggio di Obama è in linea con la politica estera della sua presidenza: minimalismo e distensione con il Sud America, interventismo in Medio Oriente. 

Un riavvicinamento inaugurato nel 2015, con la riapertura delle reciproche ambasciate e l’alleggerimento delle restrizioni imposte ai cittadini americani per spostamenti verso l’isola.

E nonostante l’Onu abbia più volte espresso parere contrario contro l’embargo e votato nel 2011 per la cessazione, ad eccezione di Stati Uniti e Israele, solo il congresso americano può decidere circa la cancellazione sostanziale dell’atto.

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