5 Febbraio 2017 - 11:22

Orfini, il PD e la strana teoria degli Ogm

Orfini

Orfini si oppone alla proposta di Franceschini sul premio di maggioranza ma cela la triste realtà, creata dallo stesso PD, in cui non esistono schemi precisi

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Una delle maggiori caratteristiche della politica degli ultimi anni è quella di tentare di mascherare la realtà o quanto meno di renderla differente rispetto all’offerta politica proposte.

Questa peculiarità, chiaramente, non è stata per nulla persa ai giorni nostri e, con tanto di giustificazioni a dir poco paradossali, ha investito pesantemente la diatriba PD delle ultime settimane.

Orfini

Matteo Orfini

A dare adito a questo, triste, pensiero è il Presidente democratico Orfini che, rispondendo ad una proposta di Franceschini sulla riedizione del premio di maggioranza di coalizione, ha espresso il suo pensiero su una realtà che, semplicemente, non esiste.

Matteo Orfini sul tema del premio di maggioranza ha dichiarato a La Stampa: “Già conosciamo i guasti di quel sistema che obbliga i partiti a mettere insieme quello che non sta insieme. Tornare a quello scenario  è incomprensibile. Si rischierebbe di mettere completamente in crisi la vocazione maggioritaria del PD: si rischia di tornare anche a DS e Margherita…Con le coalizioni si dà uno strapotere si partitini”.

Le esternazioni dell’ex commissario del Pd romano, unite al classico tweet rafforzativo (“Uno schieramento che va da Pisapia ad Alfano “non è una coalizione, è un ogm. Preferisco il PD”), non solo balzano pensantemente agli occhi degli italiani ma permettono anche un’attenta riflessione sulle contraddizioni in termini dello stesso deputato.

Partendo dal “semplice” concetto di premio di maggioranza, si può dire che sulla tematica il PD ha mantenuto una posizione “a correnti alterne”: favorevole inizialmente al premio per il partito, imposto con l’Italicum, si è ricreduto più volte, in base alle opportunità del momento e soprattutto dopo le amministrative ed il referendum, sul ripristino del “vantaggio” per la coalizione e sull’importanza della stessa per le regole elettorali.

Considerando che, dopo aver imposto una legge elettorale bocciata nei punti cruciali dalla Corte Costituzionale, si cerca di continuo una soluzione alternativa a quanto fatto dallo stesso Pd in precedenza, la prima parte del discorso di Orfini tende ancora a confondere l’elettorato, e non solo, su quale sia la reale strada che i democrats intendano intraprendere e se la strategia sia quella effettivamente “dominante” a prescindere dalle convenienze dei fatti.

Facendo riferimento, invece, a vocazione maggioritariapotere dei partitini, si può fare un discorso organico che investe tanto le pecche del partito di maggioranza relativa quanto la vocazione alla frammentazione apportata dalla nascita dello stesso PD.

La nascita del Partito democratico ha, infatti, avuto due meriti specifici: privilegiare le coalizioni, facendo venir meno la tanto decantata vocazione maggioritaria, e il potere dei gruppi di pressione interni.

Questi due punti, che smentiscono anche la prima parte delle dichiarazioni, da un lato mostrano l’incapacità di un partito di primeggiare nello spettro italiano, a causa della propensione ad imitare il sistema tedesco basato sulle due velocità (maggioritaria, in cui emerge il partito più grande, e proporzionale, in cui emergono i piccoli gruppi), e dall’altro la forte spinta verso la frammentazione dettata dall’eterna lotta fra le correnti interne per la “conquista” della leadeship e l’epurazione del dissenso.

L’ultimo punto, invece, riguarda la celebre teoria degli Ogm in cui si denota l’ennesima leggerezza rispetto a quanto fatto fino ad ora.

Partendo dalla coalizione con Ncd, e verdiniani, a livello nazionale, si può dire che la coalizione Ogm è già una triste realtà in diverse zone periferiche (quali, ad esmpio, Campania e Basilicata, regioni da sempre laboratori di sperimentazione partitica) in cui, in maniera più o meno esplicità, si è governato, e si governa, in una totale alienazione di schemi in cui il trasformismo, politico ed ideologico, la fa da padrone.

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