14 Febbraio 2017 - 11:56

PD, la nuova geografia interna dem dopo la direzione nazionale

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Il PD, dopo la Direzione Nazionale, apre gli scenari in vista del Congresso. Nuove strategie e cambi di rotta ridisegnano la geografia interna ai democratici

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La schiacciante vittoria del No al Referendum Costituzionale del 4 dicembre, ha inaugurato una fase di totale logoramento interno nel Pd che, ad oggi, non sembra ancora chiusa.

La direzione nazionale di ieri, in cui ha prevalso la linea del Segretario Renzi di andare subito a Congresso, ha difatti aperto una nuova stagione nei democrats che da un lato è riuscita a dettare i tempi della legislatura, che in ogni caso si chiuderà nel 2018, e dall’altro ha ridisegnato la geografia interna tanto da creare ulteriori scenari nella “lotta” alla leadership.

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Facendo riferimento agli interventi di ieri, è possibile tracciare l’ennesima modifica negli equilibri dem che, senza dubbio, avrà una forte ripercussione in vista del prossimo Congresso del partito di maggioranza relativa.

Andando per ordine, e partendo dall’ala maggioritaria, si può dire che il campo renziano, rispetto a qualche mese fa, si è effettivamente ristretto.

I distinguo di Orlando e Martina e la definitiva rottura di Emiliano, sostenitore di Renzi durante l’ultima assise, hanno tanto indebolito l’area di maggioranza quanto riaperto il discorso sulle future aree di influenza nel Pd.

La situazione, che ha senza dubbio messo a rischio la riconferma dell’ex Premier alla segreteria, indirizza i renziani verso la strada della “contrattazione” con una, o più, correnti minoritarie e, allo stesso tempo, uno stravolgimento interno tale da far storcere il naso a più di qualcuno.

Nella minoranza, invece, la situazione è ancora più complicata dato il repentino cambiamento dei piani dovuto all’ufficializzazione della candidatura di Michele Emiliano.

Questa candidatura, di per sé scontata, ha avuto il merito di dividere ancor di più la “sinistra dem” che, allo stato attuale, si trova non solo a dover decidere la strategia migliore per “riappropriarsi” del partito ma anche ulteriori possibilità elettorali che passano dai bersaniani e dai dalemiani.

Infatti, l’autogoal compiuto da Speranza con l’annuncio della candidatura un anno fa, ha messo in crisi i suoi compagni di partito, sull’appoggio all’uno o all’altro candidato, tanto da dover sperare in una convergenza di intenti, possibile solo con il ritiro di uno dei due, per scongiurare l’isolamento definitivo, in caso di affermazione di Renzi, o la morte politica, in caso di formazione di altri soggetti.

Lo scenario più plausibile, però, sembra essere uno, con una strategia simile a quella messa in atto da Pittella durante il precedente Congresso, in cui una “lista civetta”, formata molto probabilmente dal duo Speranza-Orlando, si contrapporrà dapprima all’attuale maggioranza, per poi “confluire” nel “listone Emiliano” dove, dovrebbe, risiedere l’ala minoritaria del partito.

Le strategie per il Congresso sono appena iniziate e, in attesa di sapere tempi e modalità di svolgimento (che influenzerebbero anche la vita del Governo Gentiloni), gli scenari potrebbe ancora una volta cambiare, facendo evolvere la già complicata situazione interna.

 

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