1 Marzo 2017 - 20:37

Perché Fuocoammare non ha vinto in un mondo in crisi?

Perché Fuocoammare non ha vinto in un mondo in crisi?

Conclusi gli Oscar, ad aver catalizzato l’attenzione è stata la svista sul Miglior Film. Eppure bisognerebbe fermarsi ad interrogarsi sul perché il Premio come Migliore Documentario non sia andato al meritevole Fuocoammare

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Non è retorica pensare che Fuocoammare non ha vinto un meritato premio (anche) considerando che la premiazione si svolge in un Paese patriottico: finito il tempo anche del sogno americano, c’è chi sostiene di osteggiare Trump, ma poi fattivamente lo premia.

L’apologia americana infatti ha preferito celebrare (fin dal titolo) O.J. Simpson nel lunghissimo documentario O.J: Made in America. E la stessa vittoria de “Il cliente” (The Salesman), come Miglior film straniero, laddove il regista Asghar Farhadi aveva annunciato la sua diserzione alla cerimonia per protestare contro il muslim ban di Donald Trump, sembra palesare un tentativo di correggere il tiro.

Perché Fuocoammare non ha vinto in un mondo in crisi?

C’è un’ingerenza alta dei social sulle decisioni mondiali, che corrisponde ad una vacazione istituzionale e popolare: Fuocoammare non aveva molti supporters, perché nessuno sostiene la causa degli immigrati, in America come in Europa.

A parte la vittoria dell’importante Moonlight, le cui indirette condivisioni social sarcastiche su La La Land hanno già rubato la scena, non ci sono stati premi che abbiano incarnato lo Zeitgeist. Si perché in una rosa di candidati tutti validi, si sarebbe potuta fare una scelta politica, di rilevanza sociale. Una scelta non fatta, volutamente aggiungerei.

Eppure in questi ultimi anni spesso l’Oscar per il Miglior Documentario è andato comunque a film legati all’attualità: Una scomoda verità sul riscaldamento globale, Bowling a Columbine sul rapporto dicotomico tra Stati Uniti e armi, Inside Job sulla recessione economica.

Perché Fuocoammare non ha vinto in un mondo in crisi?

Ma questo anno, in una cinquina di registi di colore, pur non volendo sollevare illazioni razziste inverse, Rosi era l’unica eccezione e Fuocoammare – che ha vinto al Festival di Berlino – fin dall’inizio non risultava tra i favoriti.

Il documentario ha finalmente assunto un valore universale” ha dichiarato Rosi a fine cerimonia.

La grande soddisfazione di Fuocoammare rimane quindi solo quella di aver sdoganato un genere, quello del cinema non fiction, che agli Oscar raramente aveva incluso anche film non americani.

Così si spiega la dichiarazione di Gianfranco Rosi, che si è detto soddisfatto anche solo di aver portato Lampedusa e il suo dolore quotidiano in cinquina, a oltre cinquant’anni dall’unico altro documentario italiano in concorso: La grande Olimpiade di Romolo Marcellini nel 1962.

Perché Fuocoammare non ha vinto in un mondo in crisi?E poco importa se Rosi è rimasto per un anno a Lampedusa, benigna mater lacrimarum,  per una testimonianza onesta sulla macabra routine dell’isola da urlare e mostrare agli occhi ignavi di un’Europa “pigra e complice”: il mondo continua a girarsi dall’altra parte, o meglio ad interessarsi solo a ciò che crede debba riguardarlo.

E in sottofondo sembra che il Mediterraneo, nell’eco lungimirante di Lucio Dalla, ci demonizzi per la nostra indifferenza, per l’aiuto che ci rifiutiamo di dare alla disperata speranza di quei fratelli lontani, che ora nuotano dispersi nei nostri fondali.

È chiaro

Che il pensiero dà fastidio

Anche se chi pensa

È muto come un pesce

Anzi un pesce

E come pesce è difficile da bloccare

Perché lo protegge il mare

Com’è profondo il mare

Certo

Chi comanda

Non è disposto a fare distinzioni poetiche

Il pensiero come l’oceano

Non lo puoi bloccare

Non lo puoi recintare

Così stanno bruciando il mare

Così stanno uccidendo il mare

Così stanno umiliando il mare

Così stanno piegando il mare

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