14 Marzo 2016 - 13:35

A Pisa con Antonio Tabucchi

Pisa

A ZONzo torna in Toscana e vi porta nella Pisa dove Leopardi compose “A Silvia”, attraverso le pagine di un libro letto in viaggio

[ads1]Quanti di voi sono il tipo di viaggiatore che durante il viaggio, che sia in treno, in pullman o in aereo, si gusta un bel libro? Beh decisamente io sono quel tipo di viaggiatrice. Avere una compagnia di carta in borsa per me è fondamentale, soprattutto quando viaggio sola (anche se questo talvolta mi fa rischiare di perdere di vista il percorso e non scendere in tempo). A quanti, però, è mai capitato di partire alla volta di un luogo e di poterlo visitare ancora prima di arrivare, trovandolo dentro alle pagine del fido compagno di viaggio? Strano ma vero a me sì, più o meno.

È mattino presto, sono seduta nello stretto sedile di un bus, ho ancora gli occhi pieni di sonno, ma inizio la lettura di un regalo che mi è sembrato adatto come “amico on the road” : “Viaggi e altri viaggi” di Antonio Tabucchi (quando mi reco in un luogo, mi piace già pensare a quanti altri potrei ancora vedere). L’autore mi porta per qualche pagina in un paio di altri posti e poi giungo a pagina 31 ed in alto campeggia la nuova meta “Pisa. Dove Leopardi rinacque”. Pisa, guarda caso, è la città di Tabucchi ed è la mia destinazione. Sono già stata in questa città, l’ho vista sommariamente e scoprire cosa c’è oltre la Torre pendente e Piazza dei Miracoli mi spinge a leggere con più curiosità quanto ha da dirmi Tabucchi.

“La torre pendente è celebre in tutto il mondo e secondo una statistica è l’immagine italiana più celebre dopo il volto della Gioconda. In effetti il complesso formato da torre, duomo e battistero, disposti con sapienza geometrica sul verde di un immenso prato delimitato dalle mura medievali, costituisce una perfezione architettonica che ben merita il nome di Piazza dei Miracoli.”
Personalmente Piazza dei Miracoli l’avevo già visitata ed effettivamente è gremita di turisti provenienti da ogni angolo del mondo. Tutti, e dico tutti, impegnati nello sforzo di farsi ritrarre in una foto buffa con la torre pendente; e, se ci si mette in un angolo ad osservare le pose dei visitatori, in una prospettiva slegata dalla torre, bisogna ammettere che la scena corale a cui si assiste può rivelarsi abbastanza divertente. Piazza dei Miracoli, però, è proprio come dice Tabucchi: davvero bella nei suoi colori, nelle sue forme e nelle sue proporzioni. La torre di Pisa, alta 56 metri e pendente per un cedimento del terreno che la rende unica da sempre,  è, cosa ignorata da molti, il campanile dell’adiacente Duomo di Santa Maria Assunta e fu costruito circa cento anni dopo di esso, nel 1174 del calendario pisano, più o meno contemporaneamente al Battistero. Il Duomo, risalente al 1064, è quindi collocato tra la torre ed il battistero, a formare, in una precisa geometria, un trio perfetto che riposa sul verde del manto erboso. Capolavoro dello stile romanico pisano, la cattedrale accoglie al suo interno più stili e più secoli e senz’altro spicca, tra tutte le opere, il grande mosaico del Cristo in trono tra la Vergine e San Giovanni, posto nel catino absidale. Il mosaico è noto per il volto di san Giovanni, sopravvissuto all’incendio del 1595 e realizzato nel 1302 da Cimabue, come ultima opera di quest’ultimo prima della morte ed unica di cui si ha documentazione certificata.

Pisa, Piazza dei Miracoli

Pisa, Piazza dei Miracoli

Ma torniamo a noi e a Tabucchi:
“La fretta dei nostri tempi obbliga il viaggiatore a visite sempre più rapide e mirate: vista l’icona principale e scattata la fotografia di rito, l’automobile o il bus inghiottono il turista per altre destinazioni. Eppure anche il viaggiatore frettoloso o obbligato ad orari di gruppo può permettersi in pochi minuti una piccola deviazione e percorrere, a non più di cinquecento metri di distanza dalla celebre piazza, una deliziosa stradina per lo più ignota al turista.

Pisa, Palazzo Soderini, Lapide a Giacomo Leopardi

Pisa, Palazzo Soderini, Lapide a Giacomo Leopardi

Dalla adiacente piazza dell’Arcivescovado si può imboccare infatti Via della Faggiola, sulla quale si affacciano antiche case e palazzi signorili. Quasi alla fine, prima di sbucare nella piazza dei Cavalieri, una lapide di marmo sulla facciata del palazzo che appartenne alla famiglia Soderini ricorda che Giacomo Leopardi, loro ospite, qui trascorse quasi un anno, dall’autunno del 1827 all’estate del 1828.”
Così la sera stessa del mio arrivo, uscendo a fare due passi, decido di farmi portare in questa stradina, che di fatto è piccola e stretta, limitata dai palazzi antichi. Accedendovi dopo aver attraversato proprio Piazza dei Cavalieri (dove sorge la Scuola Normale Superiore), non aiutata dal buio e dalla fioca luce artificiale, cerco la lapide citata e a fatica, sollevando lo sguardo, la trovo, piazzata in alto sulla facciata di Palazzo Soderini. L’incisione nel marmo recita “Perchè sia perenne memoria che qui nell’inverno dal MDCCCVII al VIII dimorò Giacomo Leopardi e qui tornando ai dolci ricordi della giovinezza il canto ‘A Silvia’ compose. La scolaresca universitaria a tanto nome ed a tanta sventura reverente questa lapide poneva il VI giugno del MDCCCLXXX”.

Il mio accompagnatore, pisano di adozione, mi conduce allora in un luogo collegato in un certo senso a questo. Sul Lungarno Pacinotti infatti (sulla riva del fiume opposta a quella dove si trova il Palazzo Blu, per intenderci) si ritrova una targa, ancora in marmo, simile alla precedente. In questa, molto più giovane della sua ‘collega’ poichè posta solo nel 2009, ritrovo le parole di una lettera che Leopardi scrisse a sua sorella, riportate sempre da Tabucchi, in un altro passo:

Pisa, Lungarno Pacinotti

Pisa, Lungarno Pacinotti

“Pisa fu cara a Leopardi, e la città gli riservò una calda ospitalità. Leopardi ne amò il clima e i Lungarni, che preferì a quelli di Firenze. In una lettera a Giampietro Vieusseux scrive: «L’aspetto di Pisa mi piace assai. Quel lung’Arno, in una bella giornata, è uno spettacolo che m’incanta: io non ho mai veduto il simile». Gli piacquero la schiettezza delle persone e l’ambiente cosmopolita favorito dall’antica università che aveva attirato esuli e patrioti greci e polacchi. Attraversava allora un periodo di grande sconsolatezza e di inerzia creativa: a Pisa sentì il cuore battere di nuovo e le emozioni che tornavano. Forò il bozzolo della depressione (di questo si trattava, probabilmente) e rinacque a nuova vita, quella “vita del cuore”, come lui la chiamò, che conduce alle sue composizioni poetiche più mirabili. A Pisa scrisse ‘A Silvia’ e ‘Il Risorgimento’, perchè fu ben consapevole del proprio risorgere. «Dopo due anni», confida alla sorella Paolina «ho fatto dei versi quest’Aprile; ma versi veramente all’antica, e con quel mio cuore d’una volta».”

Scopro dunque che Pisa, città in cui si respira cultura in ogni angolo (in una maniera del tutto differente alla vicina Firenze) è stata il rifugio e la musa ispiratrice di un grande poeta romantico. Scopro che ad essa dobbiamo i celebri versi dedicati a quella Silvia che in realtà si chiamava Teresa Fattorini.

Pisa, murale TuttoMondo

Pisa, murale TuttoMondo

Scopro inoltre che Pisa, già patria di grandi menti (Galileo, Mazzini, Pacinotti e Fibonacci), fu rifugio e musa di molti altri letterati ed artisti: Charles Dickens, Percey e Mary Shelley, Byron, Virginia Woolfe e Keith Haring. L’artista statunitense, infatti, nel 1989, poco prima della sua morte, dipinse la sua ultima opera pubblica a Pisa, sulla facciata posteriore della Chiesa di S. Antonio Abate: il murale TuttoMondo, raffigurante, con i suoi 30 personaggi (tra cui Haring stesso), la pace del mondo. Scopro che Pisa non è solo la torre e piazza dei Miracoli, è molto di più.

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