28 Marzo 2017 - 14:09

Poletti e il lavoro. Caro Ministro certe volte è meglio tacere

Poletti

Poletti, in un incontro a Bologna, cade nell’ennesima gaffe sul lavoro. Le nuove esternazioni fanno pensare, sempre più, a quanto sia necessario tacere in determinate occasioni

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Ai giorni nostri, il tabù lavoro sta subendo un’evoluzione tale da portare ad una ulteriore peculiarità dell’ambito tutta italiana.

Dopo essersi più volte mostrato come “malattia e cura”, l’esecutivo, nelle vesti del Ministro Poletti, si è reso protagonista di uno dei teatrini più odiosi di questo settore: lo scherno verso i disoccupati.

Invitato ad una scuola di Bologna per parlare del rapporto scuola – lavoro, il ministro, famoso per l’uscite infelici, ha espresso l’ennesima massima sul bistrattato mondo del lavoro attraverso l’affermazione “Il rapporto di lavoro è prima di tutto un rapporto di fiducia. È per questo che lo si trova di più giocando a calcetto che mandando in giro dei curriculum”.

jobs act

Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti

Smentendo tutti i falsi discorsi sul Jobs Act, e svilendo ancora una volta la vita di coloro che per colpa della riforma si ritrovano ancora in condizioni più che precarie, Poletti ha fatto emergere il vero progetto italiano in ambito lavorativo.

Andando per gradi, e considerando tutte le esternazioni del Ministro durante la sua gestione del Dicastero (non meno gravi dell’ultima), ciò che è stato riservato all’Italia va al di là del sempre Jobs Act e oltrepassa anche i confini di una normale decenza.

In pratica, in una precarizzazione totale dell’Italia (riguardante soprattutto la fascia che va dai 25 ai 34 anni), quello che si richiede a coloro che voglio entrare, o rientrare, nel mondo del lavoro è tutt’altro che la ricerca “classica” in cui vengono valutate le competenze.

Con la sua esternazione, Poletti ha chiaramente fatto capire che, cercando di sfruttare al massimo qualsiasi occasione in cui è presente il “potentato” di turno, sarebbe meglio chiedere lavoro direttamente a questo piuttosto che affidarsi al proprio curriculum, divenuto negli anni carta straccia assieme ai titoli accademici e non.

A tutto ciò, dopo aver concepito i disoccupati come un problema non creato dalle ricette governative, si aggiunge anche la solita battuta, infelice, in cui, in un certo senso, si accusano coloro che attualmente sono allo sbando di non essere stati abbastanza furbi da sfruttare le situazioni.

Infine, l’autodifesa del Ministro evidenzia come la “toppa sia peggio del buco”.

Con il suo “Voglio chiarire che non ho mai sminuito il valore del curriculum e della sua utilità. Ho sottolineato l’importanza di un rapporto di fiducia che può nascere e svilupparsi anche al di fuori del contesto scolastico. E quindi dell’utilità delle esperienze che si fanno anche fuori dalla scuola”, Poletti non solo evidenzia quanto la scuola non venga considerata a dovere nell’ambito lavorativo ma come la conoscenza dell’uno o dell’altro personaggio risulta più funzionale rispetto alla reale competenza di un individuo.

Come sempre, quindi, nel lavoro, o meglio in questa visione, la realtà dei fatti viene trattata con eccessiva sufficienza e gli sviluppi di questa nuova idea fanno sempre più venire in mente Oscar Wilde che, in certe occasioni, consigliava di “Tacere piuttosto che togliere qualsiasi dubbio”.

 

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