4 Maggio 2016 - 10:08

Questione morale e PD, concluso il “processo” di rottamazione?

Questione morale e PD, concluso il "processo" di rottamazione?

La questione morale portata alla luce da Berlinguer nel 1981 torna a farsi strada nell’arena politica nazionale. Fra arresti ed indagini in corso sembra praticamente concluso (a meno i due anni dalla partenza) il processo di rottamazione renziana

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Nel 1981, in una lunga intervista rilasciata all’allora direttore de “La Repubblica” Eugenio Scalfari, il segretario del PCI Enrico Berlinguer portò alla luce uno dei concetti meno compresi, e meno applicati, nell’ambito politico italiano: la questione morale.

Partendo dall’ assunto che “I partiti non fanno più politica”, Berlinguer tendeva ad evidenziare come ci fosse un “abuso” della cosa pubblica che portava tutti gli schieramenti (con riferimento anche al suo a livello locale) ad occupare le istituzione, deformando il concetto di democrazia, e allo stesso tempo “promuovere” la loro idea di bene comune, chiedendo consenso ai cittadini.

Da quella intervista sono passati diversi anni e diversi “scandali all’italiana” ma il concetto non è mai stato del tutto recepito.

Infatti, considerando le “ere politiche”, si è passati, nel giro i pochi anni, dal “berlusconismo”, che ha reso l’ambito pubblico uno “show” dedito all’interesse personale, alla sua piena evoluzione, il “renzismo”, in cui si esplicita l’ “onnipotenza” del notabile di turno senza considerare alcun tipo di conseguenza.

Questo nuovo “pensiero dominante” nella penisola ha riportato in auge il pensiero “berli

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Pd e questione morale

ngueriano” integrandolo sia con l’ “antica” lotta fra politica e magistratura che con la riforma del Senato.

Per quanto riguarda il primo punto è necessario considerare l’attuale assetto di maggioranza in cui figurano, più o meno esplicitamente (per quanto ne dica la minoranza interna del Pd, che anche in questo caso tarda, o non intende, ad agire), i verdiniani di Ala.

Questi ultimi, per voce di Vincenzo D’Anna (ex berlusconiano e cosentiniano di ferro ed ora anima di Ala), hanno tentato di riaccendere il “vecchio fuoco” dello scontro con le toghe affermando la presenza di un “offensiva contro il governo e contro Renzi della magistratura”.

Pur rifiutando completamente la sponda offerta dai nuovi alleati, il Segretario/Premier Renzi è riuscito a portare comunque avanti la sua “personale battaglia” (cominciata con lo scontro tra lui e Davigo, attuale Presidente dell’ANM) chiedendo sentenze ai giudici, nel caso in cui si presenti ipotesi di reato (come “aveva” quasi intimato al pm di Potenza) e allo stesso tempo “pubblicizzando” il suo lavoro, affermando la presenza di nuovi provvedimenti (per lo più monchi o accomodanti) in ambito di corruzione e prescrizione (riforma della giustizia docet?).

Entrando, invece, nel cuore del secondo argomento, la riflessione necessita una più ampia analisi.

Il nuovo Senato disegnato dal Ddl Boschi prevede la nomina (e non più l’elezione) dei 100 rappresentanti delle regioni, in conformità con le scelte effettuate durante le tornate elettorali.

In una situazione come quella attuale, dove gli amministratori locali si sono distinti più per le indagini in corso che per l’attività amministrativa, si spalancherebbero le porte ai “furbetti del quartierino locali” (per la cronaca 102 per il solo PD suddivisi per tutte le regioni italiane) e si affiderebbe a loro il “destino” di un’intera nazione.

Inoltre, date le “capacità” ampiamente mostrate, si affiderebbe la futura “Camera Alta” a rappresentanti già noti per non aver svolto la loro funzione locale e, probabilmente, già noti per le loro “azioni di alta politica”.

La questione morale rimane ancora di grande attualità per il nostro Paese ma evidentemente si tende ad interessarsi più a qualcos’altro che di ciò che accade nella realtà.

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