6 Luglio 2017 - 11:35

Reato di tortura, dopo 4 anni il Parlamento ha deciso

reato di tortura

Dopo quattro anni di discussioni e ripensamenti la Camera ha finalmente introdotto il reato di tortura nell’ordinamento del nostro Paese

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Con 198 si (Pd e Ap), 35 no (Fi, Cor, Fdi e Lega), e 104 astenuti (M5S, Si, Mdp, Scelta civica e Civici e innovatori), la Camera dei Deputati ha approvato l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento giuridico del nostro Paese. Dopo 4 anni di discussioni, rinvii e soste forzate, il provvedimento è frutto di ben 11 diverse proposte ed è stato più volte modificato durante i numerosi passaggi tra i due rami del parlamento.

I contenuti della legge

La legge sul reato di tortura prevede la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, che può arrivare fino ad un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, perpetrando un abuso di potere o agendo in violazione dei propri doveri.

L’articolo 613-bis c.p. punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi arrechi sofferenza fisica o traumi di natura psicologica a una persona affidata alla sua custodia. La pena sale da 5 a 12 anni se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.

L’articolo 2 stabilisce che “le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili” in un processo penale. In presenza di “una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà”. Se “dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, le pene sono aumentate di due terzi. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo. Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta”.

Una ulteriore pena, da 6 mesi a 3 anni, è prevista a carico del “pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura”.

 

Espulsione ed estradizione

Sono vietate le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni ogni volta che sussistano fondati motivi di ritenere che, nei Paesi in cui la persona oggetto del provvedimento penale rischi di essere sottoposta a tortura. In merito ad espulsioni, respingimenti ed estradizioni, infatti, il ddl sul reato di tortura adersce al contenuto dell’articolo 3 della Convenzione Onu, che tiene conto violazioni “sistematiche e gravi” dei diritti umani nel Paese che ne fa richiesta. Nel caso in cui il procedimento si celebri davanti ad un tribunale internazionale, lo straniero viene estradato verso il Paese, che viene individuato in base alla normativa internazionale.

Viene esclusa ogni “forma di immunità” per gli stranieri che siano indagati o siano stati condannati per il delitto di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale (comma 1). L’immunità diplomatica riguarda in via principale i Capi di Stato o di governo stranieri quando si trovino in Italia, oltre al personale diplomatico/consolare.

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