6 Settembre 2016 - 14:14

Referendum costituzionale: la battaglia interna al Pd per la gestione del partito

Il Referendum Costituzionale continua ad infiammare l’arena interna al Pd. Fra le ragioni dei dalemiani e quelle dei renziani, però, emerge esclusivamente la “lotta” (interna) per la gestione del partito nel futuro

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Fra i tanti strumenti di democrazia diretta, previsti in varie parti della Costituzione italiana, uno dei maggiori è quello del referendum costituzionale (o confermativo) disciplinato dall’art. 138.

Questo strumento, che data l’importanza dei temi affrontati prevede una serie di procedure differenti dagli altri “interventi diretti”, si caratterizza per la possibilità di cambiare, o meno, le regole base del nostro sistema, impostando una vera e propria nuova gestione del Paese.

Referendum costituzionale

Referendum costituzionale

Con il prossimo referendum costituzionale, incentrato sul cosiddetto Ddl Boschi (comprendente la modifica del Titolo III e V della Costituzione), si assiste, fra le tante vicende che stanno emergendo con l’ufficiosa apertura della campagna referndaria, all’ennesima lotta fratricida tra le anime del Pd fondata, sostanzialmente, non tanto sul merito della questione quanto sulla gestione interna del partito.

Oltre alle due macro aree democrats (celebri per la “falsa” lotta politica in nome di una successiva unità di intenti parlamentare), è emerso un nuovo schieramento, guidato dall’emminenza grigia Massimo D’Alema, che pone il serio problema della conduzione partitica del centro sinistra.

Infatti, le esternazioni dell’ex Presidente del Consiglio, schierato per il No, e del Ministro Boschi hanno fatto affiorare la vera questione in casa dem: Chi comanda su chi?

La problematica, per quanto banale possa risultare, è fin troppo evidente nello scontro fra le parti che, strategie alla mano, cercano di far prevalere le propria visione per poi tornare, in maniera incisiva, sulle scelte da effettuare nel partito.

Ciò emerge da due elementi tirati in ballo diverse volte nella “guerra fratricida” in salsa Pd.

Il primo, maggiormente evidente, si mostra quando si tende più ad indebolire l’avversario con i più “disparati” temi piuttosto che con argomenti specifici sulle ragioni del Sì e del No al referendum costituzionale.

Da questa prima “strategia”, quindi, emergono i celebri slogan sul Sì che fa bene anche alla salute (ndr) ma mai il nucleo della riforma stessa.

Questa stratagemma, già noto alle due fazioni in tempi non sospetti, mostra una vera e propria “prova di forza” fra le parti tale da permettere una nuova impostazione delle “politiche” subito dopo la tornata.

Il secondo elemento, che è talmente legato al primo da renderlo quasi un “tutt’uno”, riguarda la ricerca disperata, sempre legata al secondo fine di contare qualcosa nel partito dopo la consultazione, di un “alleato forte” da mostrare al Paese e agli avversari.

Oltre alle note Confindustria e Confartigianato, le due parti in causa cercano, in tutti i modi, di innalzare nella battaglia anche le “più illustri” bandiere dei sindacati, tirati in ballo più volte, e dell‘ANPI, che più di una volta si è trovata in contrasto con i renziani.

Il confronto/scontro fra dalemiani e renziani andrà avanti ancora per molto (almeno fino al fatidico referendum che, forse, dovrebbe essere indetto per fine novembre/inizi dicembre) ma l’accordo per rimarcare la compattezza interna è sempre ben visibile nell’angolo.

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