3 Marzo 2016 - 19:03

Riforma dell’Editoria, primo sì della Camera

Primo Ok della Camera alla riforma dell'editoria

La Riforma dell’Editoria passa al Senato, dopo il lasciapassare della Camera. M5S:“Ci guadagneranno i grandi gruppi”

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Con 292 si, 113 no e 29 astenuti, la Riforma dell’Editoria passa il vaglio della Camera e rimbalza al Senato.

Il disegno di legge prevede una completa revisione dell’Editoria italiana, in termini di finanziamento e regolamento dell’intera struttura editoriale.

Il Ddl istituisce il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, ad opera del Ministero dell’Economia. Come stabilito dal testo, intitolato “Istituzione del fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del consiglio nazionale dell’ordine dei giornalistì”, al fondo affluiscono le risorse statali a sostegno dell’editoria quotidiana e periodica, anche in versione digitale. 

Riforma Editoria, primo sì della CameraUna dotazione di 100mila euro annui saranno destinati al fondo, frutto di un contributo a carico dei beneficiari dello 0,1% , a cui si aggiungono le eccedenze del canone Rai.

La riforma designa, inoltre, chi può accedere al fondo: le testate beneficiarie dovranno raggiungere una soglia minima di vendita e di visualizzazioni on line; potranno accedere tv locali, cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro, giornali espressione delle minoranze linguistiche, periodici per non vedenti e per ipovedenti, associazioni dei consumatori, giornali in lingua italiana diffusi all’estero. Sono esclusi i quotidiani di partito o movimenti, organi sindacali, appartenenti a società quotate in borsa e riviste o periodici a carattere tecnico, professionale, scientifico o aziendale.

La riforma introduce novità relative alla questione delle pensioni: i requisiti d’anzianità e l’accesso ad ammortizzatori sociali o prepensionamento sono ridefiniti. Inoltre, è vietato qualsiasi rapporto lavorativo tra la testata e il giornalista in stato di pensionamento. In aggiunta, il numero dei componenti del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti non dovrà essere superiore a 36.

Tale Ddl, il cui relatore è Roberto Rampi, ha suscitato diverse proteste: dai Cinque Stelle, per cui “Il governo  continua a regalare soldi pubblici agli amici editori e in questo modo, con uno scambio di reciproci favori, tiene la stampa guinzaglio”, sino alla Federazione Nazionale Stampa Italiana, per la quale “la revisione e l’aggiornamento di norme risalenti a epoche lontane possono contribuire a chiudere i processi di ristrutturazione aziendale ancora in corso e a porre le basi per una ripresa del mercato e dell’occupazione”.

Il tutto è condito dalla trattativa tra il gruppo L’Espresso, di proprietà della famiglia De Benedetti e Itedi, proprietaria della Stampa è Secolo XIX, della famiglia Elkann.

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