15 Febbraio 2016 - 01:03

Sanremo 2016, un bilancio del Festival dell’era Conti

Festival di Sanremo 2016

Gli Stadio si aggiudicano la 66esima edizione del Festival di Sanremo, vince l’usurato sicuro? Nessuna stonatura, nessuna voce imperfetta che conquista: trionfa la prevedibilità e un conservatorismo tipicamente italiano

[ads1] Cala il sipario sul palco dell’Ariston,  si spengono le luci, e dopo tanto luccichio è lecito chiedersi cosa resta della 66esima edizione del Festival della canzone italiana? Trionfa il “vecchio” che è pur sempre una garanzia.

Gli Stadio si aggiudicano la vittoria con il brano “Un giorno mi dirai”, vittoria del tutto inaspettata se si considera che il medesimo testo era stato scartato soltanto l’anno scorso. Difficile escludere, dunque, che si sia trattato di un premio alla carriera: oltre quarant’anni dedicati alla musica, il loro esordio ufficiale è datato 1981. Tutte scelte mirate e ben precise che si muovono perfettamente nell’ottica sanremese: Patty Pravo che festeggia i suoi cinquant’anni di carriera aggiudicandosi il premio della critica,  i Pooh che consacrano proprio al Festival la reunion con Riccardo Fogli prima del congedo con l’ultimo tour. Saranno contenti e beati i nostalgici degli anni ’70 e ’80.

Sul podio conquista la medaglia d’argento Francesca Michielin, al suo debutto sul palco dell’Ariston con la canzone “Nessun grado di separazione”. Bene puntare sui giovani, ma se meritano, sosteniamoli fino in fondo. Guadagnano inspiegabilmente il terzo posto Giovanni Caccamo e Deborah Iurato con il brano scritto da Giuliano Sangiorgi, “Via da qui”. La canzone è di una noia mortale.

Il tentativo di coniugare tradizione e innovazione produce inevitabilmente un cortocircuitoL’idea era quella di riportare il Festival nel solco della tradizione e, al tempo stesso, tentare di inseguire il pubblico più giovane. Se ad essere premiate sono le vecchie glorie ciò dipende inevitabilmente anche dal fatto che i giovani non osano, non propongono alcuna idea creativa, preferiscono ripiegare su soluzioni convenzionali. A mettersi in gioco realmente senza freni sono Elio e le Storie Tese ed Enrico Ruggeri.

È emerso in più di un passaggio il tema dell’impegno sociale e del dibattito politico vivo, elemento portante del Festival targato Fazio, tuttavia non ha avuto lo stesso impatto. Nastri arcobaleno accompagnano le perfomance di buona parte dei cantanti in gara, simbolo del sostegno alle unioni civili. Più di un ospite d’eccezione prende posizione in maniera esplicita difendendo il valore della famiglia, ma sottolineando, al contempo, quanto amore e diritti debbano necessariamente camminare di pari passo. Retorica spicciola insomma che fa leva su uno dei temi caldi da mesi al centro della discussione politica. Apprezzabile la scelta operata da Conti, peccato che sia condita con una buona dose di perbenismo e banalità. “I figli fanno famiglia, e la famiglia è fondamentale, qualsiasi essa sia” affermazioni di questo tipo, riduttive e semplicistiche, bastano a ottenere il plauso del pubblico.

Unico momento “alto” del Festival, universalmente condiviso, è legato all’esibizione di Ezio Bosso, musicista affetto da Sla dal 2011 che commuove il pubblico e ci regala una lezione di vita difficile da dimenticare: la capacità di trasformare la malattia in poesia.

Il Festival di Sanremo è davvero specchio di una certa parte dell’Italia? I dati elaborati da Auditel non fanno altro che confermare quanto il Festival sia il grande carrozzone dello show televisivo e rappresenti una parte del Paese che molto spesso tendiamo a ignorare e sottovalutare: quella che gioisce dinnanzi ad uno spettacolo mediocre e si lascia trasportare da motivetti orecchiabili, giudicandoli capolavori.

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