11 Aprile 2016 - 19:42

Saviano sul caso Vespa: “Mafia parla a magistrati e Cosa Nostra”

roberto saviano

Saviano commenta le dichiarazioni di Salvo Riina a Porta a Porta e  interpreta i messaggi di Cosa Nostra. “Lo stato non si accorge che la mafia sta parlando”

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L’intervista al figlio di Totò Riina mandata in onda dalla RAI durante la trasmissione “Porta a Porta” ha suscitato nei giorni seguenti parecchie polemiche. Sulla vicenda, che ha già comportato la convocazione da parte della Commissione parlamentare antimafia della presidente della Rai, Monica Maggioni e il direttore generale Antonio Campo, si è espresso anche Roberto Saviano.

Lo scrittore ha commentato infatti l’accaduto durante la trasmissione “Che tempo che fa” cercando di decifrare il messaggio il figlio del boss ha lanciato durante l’intervista di Bruno Vespa. “l’obiettivo dell’intervista non era il pubblico, lo share, o Vespa, ma due entità: la magistratura e Cosa Nostra.” – ha dichiarato l’autore di Gomorra – “alla magistratura Salvo Riina ha voluto suggerire che la vecchia Cosa Nostra non non è la nuova: noi non ci pentiamo, ha voluto dire, ma non vogliamo più il 41 bis e in cambio diamo questo: ognuno si prende le sue responsabilità, senza però accusare nessun altro, però ci togliete il carcere duro e non aggredite più la nostra famiglia. A Cosa nostra invece ha detto: non c’entriamo più, non fateci pagare le vostre colpe”

Saviano ha poi continuato sulla stessa linea sottolineando quanto sia stato importante per i mafiosi dire queste cose in televisione in un momento in cui l’attenzione sulla mafia è pari a zero. Quest’intervista si è profilata come un autentica beffa allo Stato che potrebbe esser passata inosservata, se non si conosce il codice linguistico del caso. “Non bastano gli arresti e i proclami per combattere le mafie: la lotta alla mafia è fatta di conoscenza e di sapienza, e il rischio di uno Stato debole è non comprendere. La Mafia sta parlando e la cosa più grave è che non è stato capito” ha concluso lo scrittore.

Intano, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha incalzato il servizio televisivo pubblico con una denuncia in sede civile, definendo l’operazione come “puro marketing” e ‘”spettacolarizzazione e ‘normalizzazione’ del fenomeno mafioso”. [ads2]