25 Gennaio 2017 - 15:10

Una storia di eroi metropolitani

Eroi

Non sempre gli eroi sono frutto della fantasia. Sono intorno a noi, troppo invisibili per essere visti. E per essere ricordati

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Credo sia impossibile capire cosa significhi essere avvolti dal buio, con l’anima sospesa tra il vento e la terra. Con una coltre bianca qualche centinaio di metri più in basso, come fosse la porta di un mondo parallelo pronto ad aprire i suoi cancelli. Ed una volta che ci sei finito dentro, renderti conto (qualora tu ne abbia avuto il tempo), che la tua anima pian piano inizi a fuoriuscire dal corpo come vapore, come il fumo di un camino. O semplicemente come un uomo che muore.

Ed è altrettanto assurdo pensare che quella neve abbia sommerso il sorriso, che abbia riempito gli occhi, la bocca, di quella polvere bianca così spessa da soffocarti lo spirito. Un eroe metropolitano, non in calzamaglia come gli altri. Un uomo, fatto di carne ossa, di muscoli e cuore pulsanti, non nascosto in una caverna. Un eroe che vola alto, che si confonde nel vento e che adesso è esso stesso vento.Eroi

Mario aveva 42 primavere, un fiore troppo bello forse per non essere colto. Ma non c’era fretta. Con lui c’erano altri cinque fiori. I petali sono volati ad uno ad uno, lasciando solo lo stelo sommerso nella neve. Quel candido colore bianco, segno di purezza, non può farti del male. Tutto si sta trasformando in una micidiale tagliola da quelle parti, un tritacarne fatto di neve e mattoni. L’anima, quella no, non ci rimane intrappolata.

Le altre anime, poi, si sono rese conto. Hanno realizzato, hanno visto quel cancello aperto, quelle anime sommerse. Hanno fatto comunicati stampa, forse si farà una fiaccolata. Ora. Quando quelle anime hanno abbandonato questo mondo. Ma che forse, prima d’ora, di quelle anime non ne sapevano nulla. Così come non puoi chiamare per nome il vento. Ne puoi descrivere le caratteristiche, se soffia piano o più forte.

Eroi silenziosi, di cui solo adesso sentiamo il gran rumore

Ma di quel vento, da dove viene, perché spira, quanto tempo ha intenzione di restare, non sappiamo nulla. Ce ne rendiamo conto solo quando se ne va, quando smette di insinuarsi tra gli alberi, di portare via le nuvole. Quelle si, mai come ora sono rimaste. Nere e cariche di rabbia, pronte a rovesciare tutta quella angoscia e tristezza che solo la neve, a volte, sa rappresentare.

Il mondo continua a girare, ma i suoi ingranaggi saltano e le sue lancette non ci indicano più l’ora esatta. Lo scorrere dei secondi, da quelle parti, sta diventando un macabro gioco di cui non si conoscono le regole, né tanto meno la fine. Mario, Walter, Giuseppe, Davide, Ettore, Gianmarco. Eroi. Non una statua, né una targa. Ma solo un pensiero profondo, costante, quotidiano. Ne siamo debitori, tutti.

Quella neve, un giorno, tornerà ad essere acqua. Inizierà a sciogliersi, a colare via sulle macerie. Ma quelle anime no, rimarranno nei solchi dei corsi d’acqua, nella polvere, nel vento. Sarà difficile intrappolarli in un barattolo, ma non sarà difficile ospitarle nelle nostre menti. E nelle nostre anime.

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