18 Febbraio 2016 - 15:14

Unioni Civili, slitta approvazione ddl Cirinnà

unioni civili

Rimandata la discussione sulle unioni civili. Interviene Renzi e chiede ponderazione. Si deve attendere il 24 febbraio per un nuovo esame. Cirinnà:”Se il ddl esce una schifezza, lascio la politica”.

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Buona parte della società civile nostrana, più o meno radical-chic-progressista, ha accolto con rinnovato entusiasmo il tentativo, della senatrice piddina Monica Cirinnà, di introdurre il riconoscimento formale delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Il nome della suddetta oramai è, intrinsecamente, associato al disegno di legge che potrebbe ristrutturare i concetti di Unione e Matrimonio.

La famiglia, fondata sul matrimonio, come sancito dall’articolo 29 della Costituzione Italiana, è quell’istituzione non naturale, ma culturalmente definita, costruita, modellata normativamente, che oggi con la volontà della Cirinnà, rischierebbe una nuova redifinizione.

La famiglia italiana non è più quella del dopoguerra, non è più la famiglia patriarcale di inizio Novecento, santificata dall’ortodossia fascista, ma è stata esposta al divorzio, ai movimenti femministi, alla stagione calda del ’68, alla riforma del diritto di famiglia del 1975, alla parificazione tra marito e moglie, e alla relativa fuoriuscita della donna dalle mura domestiche. Parafrasando Durkheim, un fatto sociale la cui identità ha subito, negli anni, continui riadattamenti.

La società del 2016 ha nuove richieste, vi sono interlocutori che solo oggi sono riusciti a rappresentarsi e a chiedere esplicitamente un riconoscimento. Sembrerebbe anacronistico e tardivo non intervenire e mistificare, perchè in ballo vi sono esseri umani a cui spetterebbero una legittimazione, che data la natura procedurale della nostra democrazia, passa per via normativa.

Il riconoscimento delle Unioni Civili sarebbe un tassello da aggiungere all’insieme dei diritti civili, cui la disciplina giurisprudenziale contempla. Un disegno di legge complesso, ampiamente oggetto di discussione, spartiacque in un Paese atavicamente suddiviso su due fronti: i conservatori e i progressisti.

Difesa della famiglia “tradizionale” o apertura alle “nuove”famiglie?

In origine, il disegno di Legge prevede all’art 1 “l’esistenza per legge delle coppie omosessuali”, la stessa tipologia di diritti e doveri riconosciuti alle coppie unite in matrimonio, sia in caso di convivenza che di separazione, all’articolo 5  è previsto il meccanismo della stepchild adoption, ergo la coppia potrebbe “adottare un figlio già avuto da uno dei due componenti in una precedente relazione”, di modo che non si scadi in restrizioni meramente burocratiche.

Ferme e ideologiche opposizioni sono pervenute da ogni fronte, e sono all’incirca 6 mila gli emendamenti posti al ddl, di cui 5 mila provengono dalla Lega Nord, e il nodo cruciale è proprio la stepchild adoption, che ha diviso lo stesso PD. A dimostrazione del fatto, uno degli emendamenti è stato presentato da Giuseppe Lumia, cattolico piddino, il quale punta ad un compromesso tra l’ala riformatrice e cattolica, per una Stepchild affidata al tribunale dei minori, chiamato in causa per una verifica ad hoc.

Ostruzionismi provenienti dalle correnti oltranziste di Forza Italia, Lega Nord e NCD, i quali avendo fatto appello a presunte illeicità costituzionali del testo, hanno da subito palesato la contrarietà al ddl sulle unioni civili, mentre il M5S, inizialmente disposto alla collaborazione con la maggioranza, non è più intenzionato a votare il “super canguro”, ossia quella prassi che permetterebbe di raggruppare la totalità degli emendamenti in un unicum, e superare ogni forma di stallo parlamentare, posto dalla maggioranza PD, in modo da salvaguardare l’integrità del ddl.

Dinanzi al prevedibile caos, è intervenuto il premier Renzi, il quale ha chiesto viva riflessione, ipotizzando una discussione parlamentare. Pessimista il capogruppo PD Luigi Zanda, il quale ha ammesso i rischi a cui il ddl va incontro, in vista di un confronto con le altre forze parlamentari. Risoluta l’ideatrice del ddl, la Cirinnà, che ha dichiarato: “Lo so che ho sbagliato a fidarmi del Movimento 5 Stelle e pagherò per questo. Mi prendo la mia responsabilità politica di essermi fidata di loro. Concluderò la mia carriera politica con questo scivolone. Ne prendo atto”.

Affichè il disegno diventi legge, sono necessari 161 voti a favore. Non così tanti e comunque troppi, data la complessità del caso e la viltà di una certa classe politica.

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