24 Settembre 2015 - 11:03

Webserie: la frontiera della partecipazione

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Con l’avvento del Web 2.0, negli U.S.A. prima e in Italia poi, è dilagato il fenomeno delle webserie. Abbiamo deciso di scrivere in merito

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Le produzioni seriali amatoriali, nate grazie agli strumenti gratuiti del Web partecipativo, hanno permesso ad alcuni abitanti del cyberspazio di emergere e avere visibilità anche grazie alle webserie. The Jackal, The Pills, Claudio Di Biagio, Yotobi, Frank Matano, sono solo alcuni dei youtubers premiati con il successo. Grazie alla convergenza mediale, infatti, Internet è diventato il riferimento di molti consumatori, i quali hanno iniziato a fruire webseries, creando di conseguenza un mercato concorrenziale che vede il vecchio sistema di broadcasting arrancare. Se in Italia gli addetti ai lavori hanno iniziato a interessarsi alle produzioni del cyberspazio soltanto nell’ultimo lustro circa, negli States l’interesse per le webserie risale a poco più di una decina di anni fa.

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Webserie: la frontiera della partecipazione

Il nostro scopo è di far conoscere, ai meno informati e ai più pigri, il panorama delle webserie prodotte in Italia, recensendo ogni settimana un titolo. Agli scettici diciamo che, seppur si tratti di produzioni web e amatoriali, i titoli di cui parleremo non temono il confronto con molte serie TV che fruiamo giornalmente.

Per poter comprendere al meglio il fenomeno delle webserie, è necessario affrontare alcune tematiche. Innanzi verrebbe naturale chiedersi quali potrebbero essere i punti di forza di una webserie italiana quando veniamo letteralmente bombardati da produzioni straniere? Milly Buonanno afferma che guardando all’offerta e ai consumi televisivi, è spontaneo pensare ai flussi internazionali e ai rapporti tra il globale e il locale. La Televisione italiana oggi, come del resto quarant’anni fa, è piena zeppa di prodotti fictional stranieri (americani soprattutto). Si potrebbe parlare allora di americanizzazione del Paese, di colonizzazione culturale. Niente paura, a salvare il nostro consumo di serialità televisiva, e la poca cultura autoctona rimasta, è quello che Buonanno ha identificato come paradigma dell’indigenizzazione.

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«Per indigenizzazione […] si intende il processo attraverso il quale forme ed espressioni di culture esterne, elaborate da società altre, vengono appropriate, ri-elaborate e restituite dalle singole diverse società locali in configurazioni consonanti e sintoniche con i propri, autoctoni, sistemi di significati: dando vita a forme ed espressioni che nella loro natura ibrida e sincretica, frutto del mescolamento di ingredienti nativi e non nativi, appaiono riconoscibilmente marcate da specificità domestiche e costituiscono, sotto ogni profilo, delle originali e autentiche creazioni di cultura locale».

In poche parole una società rielabora ingredienti esogeni con ingredienti autoctoni fino a creare un nuovo prodotto (seriale) il quale, possiede delle specifiche (culturali e domestiche) proprie. Al processo di indigenizzazione, per fare un esempio, appartiene il genere spaghetti-western. Anche i nostri produttori web, in molti casi, si sono mossi in direzione di tale paradigma, assimilando e ricreando un prodotto venuto da un altro paese.

webserieSi rende necessario trattare anche il tema del digital devide e della convergenza mediale. Con il primo termine ci si riferisce alle disuguaglianze nell’accesso e nell’utilizzo di tecnologie proprie della società nella quale viviamo in questo preciso momento storico, ovvero la società dell’informazione e della comunicazione. Le suddette disuguaglianze non consentono l’utilizzo di quelle tecnologie che fanno uso della codifica digitale rispetto a quella analogica.

Con il secondo termine si indica l’unione di più strumenti atti a diffondere informazioni, o il flusso di informazioni fruito attraverso diverse piattaforme. Nel contesto odierno il sistema di broadcasting lascia sempre più spazio a un sistema di narrowcasting, il quale predilige le nicchie. Ed è grazie alle nicchie che il fenomeno delle webseries si è sviluppato, abbracciando con il tempo un pubblico sempre più vasto e accontentando ogni tipo di gusto seriale.

A convergere non sono solo i media, ma anche la cultura, quest’ultima rappresenta il crogiuolo nel quale si incontrano vecchi e nuovi media, dove i grassroots (gli individui con capacità non professionali) incontrano le corporation (ovvero le grandi multinazionali del cinema e della televisione).

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Dunque, la convergenza mediatica, permette che i contenuti viaggino su diverse piattaforme, unendo così diversi settori dell’industrie dei media; in un secondo momento i consumatori, con la propria cultura partecipativa, ricercano informazioni attraverso i differenti media. In questo frame di interazione tra produttori e consumatori è possibile intendere il significato (specifico per chi fruisce delle informazioni) di prosumer, ovvero l’unione delle parole producer e consumer. Ed è proprio questo che rappresentano i così detti youtubers, degli utenti che fruiscono informazioni attraverso l’uso di un media, in questo caso il Web, e che producono serialità che sarà “consumata” da altri utenti.

Le nozioni necessarie per affrontare insieme questo viaggio sono state condivise, non resta che tenersi aggiornati e aspettare l’uscita della prima webserie recensita.

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