13 Dicembre 2014 - 13:22

White God di Kornél Mundruczò

White God (Fehér Isten di Kornél Mundrucò), richiama il rapporto con la natura, da cui deriva la nostra violenza in un confronto che riporta a un’armonia primordiale

[ads2] White God o forse White Dog, perché il protagonista della storia è proprio un cane, che nel film potrebbe avvicinarsi all’idea di un dio che prova a riportare un ordine prestabilito, facendo “ragionare” l’uomo sull’esigenza dell’amore nella convivenza tra esseri viventi. Il film comincia con una sequenza di una tale profondità visiva che avvicina alla storia in maniera empatica. Lili  (Zsófia Psotta) è una ragazza di 12 anni, che vive con disagio la separazione tra la madre e il padre. La giovane ragazza è lasciata per 3 mesi al padre dalla sua giovane madre che parte con il nuovo compagno. Prima di entrare nel racconto vediamo l’immagine di Lili in bicicletta che attraversa strade vuote, successivamente un branco di cani la insegue; questa stessa sequenza ritorna quasi alla fine del film, dove avrà il suo significato logico e narrativo.

I personaggi sono sfaccettati e complessi, e possiamo comprenderli anche solo attraverso pochi dettagli: alcune espressioni del viso, il modo di compiere dei gesti. Il padre di Lili è il primo personaggio diegetico in scena che vediamo a lavoro, il quale compie i test sulla carne commestibile, stabilendo quale sia idonea al consumo. Lo sguardo triste e quasi disgustato comunica il suo senso di insoddisfazione verso un lavoro che macella animali tutti i giorni. Non ci sono dialoghi che lo dicono, ma è così perfettamente intuibile dalla recitazione.

White God

White God

L’arrivo di Lili a casa del padre comporta anche quello del suo cane Hagen, suo punto di riferimento e compagno. Il rapporto padre/figlia è subito in conflitto; Hegan rappresenta una grande barriera per la loro convivenza. Una delle coinquiline dell’abitato del padre di Lili denuncia subito la presenza del cane nel suo appartamento. A Budapest infatti il cane non di razza pura, definito bastardo, per rimanere in casa, richiede di pagare una tassa. Il rifiuto del padre, mosso da un sentimento di rancore nei confronti dell’ex moglie e a cui non intende pagare anche la tassa per il legale soggiorno della casa, stabilisce la scissione con Lili.

Un altro passaggio narrativo in White God, che ritorna importante nella seconda parte, è rappresentato dal gesto della ragazza durante le sue prove di musica all’orchestra di cui fa parte, dove porta di nascosto Hagen. Il cane invade improvvisamente la scena con la volontà di socializzare attraverso la musica, ma il maestro, adirato, lo caccia fuori con la sua padrona Lili.

In White God livello narrativo e livello visivo si amalgamano perfettamente scivolando verso la fine con spontaneità e pathos, ma non ci sono forzature, perché le reazioni e l’evoluzione dei personaggi sono mostrate nel loro percorso naturale. Dal momento in cui Hagen subisce il brutale abbandono da parte del padre di Lili segna la perdizione sia del cane che della ragazza. Hagen si ritrova a difendersi quotidianamente dalle guardie del canile insieme al branco di cani in cui si è inserito, capitando malauguratamente nelle mani di una barbone che lo vende a un uomo per pochi soldi, ritrovandosi così in un vergognoso traffico economico e, scelto da un uomo che coglie sfide tra cani per alimentare un’inconscia pulsione scopica alla violenza.

Subisce sevizie, traumi, iniezioni. Viene trasformato brutalmente in un cane aggressivo, violento, feroce. Portato alla sua prima lotta, riesce a uccidere un’altra vittima. Fortunatamente in questa sede riesce a fuggire, ritrovandosi pochi giorni dopo nel canile, dove diventa il capo branco di un esercito di cani, che ritorneranno in tutti i luoghi in cui hanno subito violenza per vendicarsi.

Contemporaneamente Lili lo cerca disperatamente, si rifugia in una discoteca pur di scappare dal padre, vive uno stato di allontanamento dalle cose; ma sarà proprio questo momento che segnerà un cambiamento nel difficile rapporto tra i due. Il padre sarà ora in grado di esprimere la sua debolezza interiore, i suoi rimorsi e la paura di non riuscire a recuperare il tempo perso con sua figlia. Lili, per riflesso si addolcirà con lui. Trovata una stabilità familiare, la storia presenta improvvisi cambiamenti, anche se prevedibili. Il branco di cani porta a uno sconvolgimento della città, adattando le logiche della natura per vendicarsi. Ecco Hagen che arriva al teatro, dove l’orchestra in concerto (presente anche Lili), viene stravolta dall’occupazione dei cani.

White God

White God

La musica, anche in White God e come una pratica estetica ormai consolidata, ha un ruolo narrativo. La corsa dei cani verso la realizzazione della vendetta coincide con la preparazione e l’esecuzione del concerto, e in un montaggio parallelo le due storie comunicano tra loro, e si compenetrano. Quando Hagen arriva da Lili, temiamo il peggio. Per chi ricorda l’ultima scena di Le notti di Cabiria, sapete anche che l’elemento musicale riporta Giulietta Masina alla sua originale posizione sociale e alla sua identità. Lili dovrà ritrovare un dialogo con il suo Hagen tanto addolorato, per essere stato strappato via con crudeltà da lei, da esternarle un misto di rabbia e amore. Sarà il suono della tromba di Lili a calmare Hagen: la musica, quest’entità metafisica e dal valore universale, è la fonte dell’armonia e del rispetto tra gli esseri sulla terra. In fondo, i cani come gli uomini, vorrebbero solo fare esperienza del bello e dell’amore. L’amore non si può negare a lungo sulla terra, nella vita, perché ci sono leggi naturali che devono tutelarlo.

Il percorso di Hagen dimostra quanto la condotta dell’uomo sia sempre più legata a fattori irrazionali, perversi e insignificanti. La violenza inflitta al cane si stratifica in lui fino a diventare trauma, dimostrando quanto il cervello dell’animale sia complesso, e quanto sia viva e profonda la sua sensibilità. Si tratta di una lotta allegorica in cui l’elemento violento, tragico, dell’uomo tende a ristabilire la convivenza e l’ordine primordiale; forse questo giustifica il titolo “White God” e il riferimento a un dio bianco, che sia uguale per tutti.

White God è una meraviglia. Compone emozioni semplici, rievoca l’esigenza di equilibrio e simmetria tra uomo e animale. Il film si chiude con un’ampia panoramica, che dipinge il solidale amore incondizionato del cane verso l’uomo, in cui s’identifica la formazione di un solido rapporto padre/figlio.