10 Giugno 2017 - 11:00

Wonder Woman, un mancato film femminista

In proiezione nelle sale cinematografiche dal primo giugno, il film Wonder Woman diretto dalla regista californiana Patty Jenkins, si dimostra un progetto poco ambizioso, dall’incompiuta realizzazione

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Wonder Woman è stato accolto positivamente dalla critica, diventando in breve tempo campioni di incassi negli USA con 1oo milioni di dollari guadagnati al botteghino solo durante il primo weekend di programmazione, ma poco meno apprezzato dal pubblico nostrano, con incassi che a malapena superano il milione di euro per il primo weekend di programmazione.

Una pellicola che appare molto forzata, non del tutto sincera riguardo il fulcro centrale del film, il troppo calcato e ridiscusso tema del femminismo, che qui appare molto artificioso, a cominciare dalla stessa idea poco chiara alla base della pellicola, che fanno fatica ad inquadrare anche i membri del cast, come dimostra l’affermazione dell’attrice Robin Wright (che interpreta il generale Antiope): “Il film consegnerà finalmente una super-eroina ad una nuova generazione di ragazze e ragazzi, ma badate bene il messaggio del film non è semplicemente potere alle donne ma amore e giustizia”.

Diana la Principessa delle Amazzoni appare una personalità poco convincente, che delude le aspettative di chi considerava il film una probabile pellicola sorprendente che non si è dimostrata tale proprio a partire dalla donna protagonista principale del film, volutamente innocente ma esteticamente promettente, grazie alle doti estetiche dell’attrice e modella israeliana Gal Gadot, che per la prima volta recita da protagonista, dà prova di buone capacita recitative e un’ottima resa d’effetto sullo schermo, con la statura e la presenza di una vera amazzone. Il concetto di girl power ribadito più volte anche dalla regista ( “ Wonder Woman avrà pure qualche difetto, ma è un film che bisogna far vedere alle proprie figlie ” ) è di dubbia credibilità, dal momento che lo spirito femminista è personificato da una donna che appare un po’ stupida quanto banale, impulsiva a tratti vanitosa. Appare difficile che una donna o una ragazzina possa immedesimarsi in un personaggio ben poco carismatico.

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TRAMA

Diana principessa delle amazzoni, cresce sull’isola paradisiaca di Themyscira, lontano dal mondo esterno e al riparo da esso. Fin da bambina dimostra eccellenti doti di guerriera, passando intere giornate ad allenarsi duramente per sviluppare la sua forza, nonostante sua madre, la regina Hyppolita (Connie Nyelsen) si dimostra molto protettiva nei sui confronti, temendo che possa accadere alla figlia qualcosa di terribile.

L’allenamento di Diana risulta molto intenso e viene interrotto dall’arrivo sull’isola del giovane Steve Trevor (Chris Pine), che atterrato a seguito di un emergenza, fa comprendere alla principessa che nel mondo esterno imperversa una violenta guerra. Diana sostiene che è responsabilità delle amazzoni intervenire, qualora Ares dio della guerra, avrebbe portato caos e dolore tra gli uomini. Nonostante l’opposizione della madre, Diana parte con l’uomo appena conosciuto verso il mondo degli uomini che non aveva mai visto prima, ma sentito solo parlare nelle fiabe raccontatele. Si ritrova coì proiettata a Londra durante la prima guerra mondiale, dove a seguito di vari episodi, impugnata la spada,si ritroverà a vestire i panni di Wonder Woman per eliminare lo spregevole dio Ares, personificato nei panni del cattivo Generale Luderdoff (Danny Huston) e la sua fedele Poison.

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Wonder Woman appare frutto di un’esigenza mediatica che vede  accrescere l’interesse per i film di supereroi e supereroine, sempre più in voga tra un pubblico di bambini ma soprattutto adulti, tra fan di comics e non, alla ricerca di personaggi da emulare. Il fumetto è stato ideato dallo psicologo William Moulton Marston nel 1941, distribuito dalla DC Comics, accanto ai supereroi Batman e Superman.

La fisionomia da pin-up fu ispirata da quella Olivia Byrne, studentessa di Marston, mentre la divisa è un omaggio a quella indossata dall’aviatrice Diana Trevor, che si schiantò sull’isola Paradiso qualche anno prima. Il film si mantiene fedele alla trama del fumetto ma si dimostra lontano dalla serie Tv, dove a spiccare erano le sensuali forme della protagonista sempre vittima di persecutori di sesso maschile, ben lontana dall’emancipazione tanto decantata dall’originale personaggio comic, sebbene Mastor fosse un grande estimatore del bondage, e delle tecniche di sottomissione.

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Il film risulta avere una trama inconsistente, che non regge l’intera storia: le scene sono un mash- up di eventi sconnessi che non donano al film la giusta fluidità. A causarne la confusione, gli effetti speciali troppo spesso esagerati, che danno al film l’aspetto di un B-Movie poco curato.

Persino l’ironia risulta di difficile comprensione, come succede con alcune scene che risultano imbarazzanti, dove si fa riferimento alle dimensioni degli attributi maschili di Trevor, o a stereotipi di genere piazzati durante le varie scene del film.

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