26 Dicembre 2015 - 15:34

Irrational man, il ritorno di Woody Allen?

irrational man

Il 16 dicembre è uscito nelle sale italiane Irrational man, l’ultimo film di Woody Allen. La critica si divide, vediamo cosa è emerso dalle recensioni

[ads1] Un ritorno al buon vecchio Allen o una nuova discutibile pellicola? Irrational man, il 45esimo film firmato Allen,  è stato accolto in modo controverso dal pubblico e dalla critica. Dopotutto il genio del regista newyorkese o si ama o si odia, difficile rimanere neutrali. Ma che fine ha fatto il regista di Io e Annie?

Negli ultimi anni tra alti e bassi rari sono stati i picchi di genialità. Sarebbe, infatti, da stupidi negare che anche la filmografia alleniana ha conosciuto qualche battuta d’arresto e caduta di stile. Dopo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni e To Rome with love (pellicola che si stentava a credere diretta da Allen) è stato possibile tirare un sospiro di sollievo con Blue Jasmine (merito della magistrale interpretazione che è valsa l’Oscar a Cate Blanchett) e Midnight in Paris.

Inevitabile, dunque, che gli occhi della critica fossero puntati sull’ultimo prodotto diretto e sceneggiato dal maestro Allen.

Ma veniamo alla trama. Neracionalus-_C5_BEmogus-9.0.0

Joaquin Phoenix interpreta Abe Lucas, scrittore e insegnante di filosofia in piena crisi esistenziale che si trasferisce nel college Brailyn. Disilluso, emotivamente bloccato e impotente Abe riesce, tuttavia, ad esercitare il suo fascino su due donne: la studentessa Jill Pollard (Emma Stone) e la collega Rita Richards (Parker Posery). Senza apparente via d’uscita da questo stato di totale apatia, Abe giungerà ad un punto di svolta e sarà tediato dal desiderio di realizzare l’omicidio perfetto. “Fu in quel preciso momento che la mia vita prese forma” afferma la voce narrante del protagonista. Il crimine diviene per Abe un momento liberatorio, quasi catartico. Immediato a questo punto il paragone con Match Point. Siamo nuovamente dinnanzi a casualità, fato, omicidio. Tuttavia una valutazione che si basi esclusivamente su questi elementi sarebbe parziale e riduttiva.

Diamo, dunque, voce alla critica che si divide tra valutazioni “positive”, pareri negativi e solite stroncature a effetto.

Nulla di nuovo sul fronte Allen. Parte delle recensioni evidenzia quanto sia possibile ritrovare in Irrational man i leitmotive di tanti film di Allen, incarnati soprattutto nel personaggio di Abe Lucas. Lucas è il classico individuo totalmente azzerato dall’insensatezza e contingenza della vita tanto da essere diventato immobile e apatico. Solo un’azione significativa è in grado di restituire senso all’esistenza del protagonista.

Qualcuno ha azzardato un “brillante sceneggiatura, ricca di colpi di scena come in un vero film giallo”. Allen ha costruito un rompicapo pieno di suspence che potrebbe sembrare un esercizio intellettuale, se non fosse che Phoenix e Stone lo riempiono di cruda umanità. La bolla concettuale creata da Allen per Irrational Man è una potente provocazione fatta per tenervi svegli la notte. Questo è quanto si legge su “Rolling Stone”.

Nessun luccichio, anche i pareri positivi sono abbastanza contenuti, nessuno definisce il film come un prodotto, nel complesso, pregevole. 

Fonte Immagine: comingsoon

Fonte Immagine: comingsoon

La pellicola attinge a intermittenza cinismo, ironia ed acutezza, ma pare non ritrovare la brillantezza di un tempo. La regia è stata definita “più pesante che pungente, e le oltre due ore di visione si appoggiano a toni placidi e soporiferi, tra pochi lampi divertenti”. 

C’è poi chi confina questo film nel limbo del sufficiente, ma né sorprendente né soddisfacente, definendolo addirittura a tratti “imbarazzante”. 

“Cosa dire di Irrational Man, se non che è un film zeppo di digressioni filosofiche, ma del tipo Kant che ti passa ed Heidegger in osteria? Dilemmi esistenziali(sti) riproposti in chiave spicciola, con forzature così evidenti che sembra quasi sia lo stesso regista a rendersene conto”. 

Allen, in realtà, ha sempre amato sbeffeggiare la filosofia, mettendo in risalto il lato comico che l’eccesso, in qualsiasi ambito, può procurare. La grandezza di un regista si cela proprio dietro la capacità di riproporre infinite variazioni sui medesimi temi, diverse facce della stessa medaglia.  Il peso schiacciante di una casualità senza senso, un equilibrio precario tra moralità ed immoralità. Quanto un evento casuale può cambiare il corso della nostra esistenza? In che misura possiamo definirci “artefici del nostro destino”? Una tautologia abbastanza discutibile, che Allen si diverte a smascherare con la sua sottile ironia ed un macabro sarcasmo. Un po’ come se si prendesse gioco, ogni volta, dello spettatore più attento.

Tornando alla domanda che ci siamo posti inizialmente, che fine ha fatto il regista di Io e Annie? Cosa manca?

Manca il motto di spirito, l’umorismo pungente. Non si tratta di una commedia dissacrante, ma di un vero e proprio thriller psicologico.

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