Mannarino e la Storia dietro le canzoni: il racconto track by track
Dal 17 settembre sarà possibile ascoltare il nuovo album di inediti di Mannarino. Siete pronti a leggere la storia dietro le canzoni?
Dopo aver lanciato i singoli “Africa” e “Cantarè“, Mannarino fa il suo ritorno con un album di inediti dal titolo “V” che sarà disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 17 settembre. Prodotto dallo stesso Mannarino, registrato tra New York, Los Angeles, Città del Messico, Rio De Janeiro, l’Amazzonia e l’Italia, l’album è un invito ad appellarsi alla saggezza ancestrale degli esseri umani.
Un disco che parla le lingue del mondo, intriso di suoni di foresta e voci indigene registrate in Amazzonia. Mannarino va alla ricerca della sorgente tribale e atavica dell’umanità, proposta come unico e potente antidoto contemporaneo alla brutalità del disumano. Natura, patriarcato, animismo, femminilità, rapporto uomo-donna, sono questi solo alcuni dei temi affrontati dal cantautore nel disco più politico e visionario della sua carriera dove l’amore, l’irrazionale e un senso magico della vita diventano strumenti reali di decolonizzazione del pensiero e di resistenza umana.
Cover “V”
La cover del disco raffigura una donna combattente, guerriera. L’immagine è l’unione di due elementi: la donna e la resistenza indigena fusi insieme in un’azione, quella di calarsi il passamontagna – o forse di toglierlo – immagine evocativa di una entrata in azione, un’azione che è difesa non violenta, poetica e ispiratrice. Calarsi il passamontagna per andare in guerra o toglierlo per mostrare e difendere la propria identità? Un’immagine contemporanea che trova la sua forza in una nuova tribalità, allo stesso tempo antica e futura.
Storie dietro le canzoni
“Africa è una dichiarazione d’intenti, una porta che si apre, l’inizio di un viaggio. E
proprio come il viaggio dell’umanità sul pianeta, anche il viaggio di questo disco comincia su terre vergini, tra orizzonti misteriosi e spiriti magici. La donna, la natura, l’irrazionale profondo, il corpo, una ritmica ossessiva che rimanda agli ancestrali rituali trance-genici“, ha raccontato Mannarino.
Nel brano “Congo“, Mannarino parla ancora una volta del corpo, della passione, e dello spirito
vitale degli esseri umani e della natura, che non si può fermare. La visione è apocalittica, a tratti biblica, parte dei bassifondi, salta su un letto e arriva in cielo a smascherare la bugia di Dio.
“Cantaré” parte da una condizione di solitudine, ed evolve in un canto corale, come per raccontare che la voce senza il canto non ce la può fare. Tra rime in italiano, spagnolo e in romanesco, il pezzo trascina in un coro ritmato e arrembante che rimanda a una sorta di rituale collettivo atavico che celebra la forza di ogni voce umana, l’importanza liberatoria del canto, e di ogni vita che grida da sola mentre canta in un coro.
Con “Fiume Nero” ci si addentra nella giungla, nella carne viva dell’album, nella verità dell’attimo, del corpo, verità insormontabile e irrazionale. È un fiume nero che torna in cielo, un luogo al di fuori delle leggi dello spazio e del tempo, dove l’umano si fa Dio e mischia l’acqua con la lava, e divide il lampo dal tuono. Tra suoni della natura e percussioni ancestrali, l’elettronica incarna e rappresenta la matematica perfetta della fisica e del mistero, e le voci e i suoni gutturali degli indigeni dell’Amazzonia registrati dal vivo dipingono il grido dell’uomo al di fuori del logos occidentale, voci che imitano i suoni degli animali, voci senza sintassi, come i corpi degli amanti.
“Agua” parte sommessa come lo stillicidio di una lacrima, e prende le mosse dell’immagine di Iracema, la protagonista indigena del romanzo omonimo di José de Alencar. Man mano la musica si arricchisce e si ingrossa come un fiume. Il brano avanza inesorabile verso una celebrazione-preghiera alla potenza vitale dell’acqua.
Entriamo nel vivo dell’album con “Amazonica“, brano registrato nella regione del Tapajos, in Amazzonia. La canzone cantata dalle donne indigene “As Karuanas” è un grido calmo, e bagnato di pianto, che sale dal centro della Terra e vuole dire al mondo di aprire gli occhi. Le cantanti del brano hanno perso amici e familiari nella lotta (invisibile in Occidente) che i garimpeiros portano avanti contro i resistenti indigeni. L’attacco alla terra indigena e alle risorse naturali dell’Amazonia si sta trasformando in un vero e proprio genocidio.
Il settimo brano si intitola “Banca de New York“, ed è frutto della collaborazione con “Mexican Institute of sound“. Registrato tra Roma e Città del Messico, unisce il registro romanesco e radicale con un mondo sonoro acido e “trippy”, ispirato al Mississippi e ai campi di cotone. I diamanti del povero sono i denti con cui sorride e, in una doppia chiave di lettura, l’autore parla della ricerca della vera ricchezza.
Man mano che il disco scorre si percepiscono vari sottotesti, si sente serpeggiare la crisi di un uomo e simultaneamente apparire l’immagine di donna, Dea, giungla rigogliosa e ipnotica. Qui in “Vagabunda” questa immagine esce fuori in maniera potente. C’è un uomo che cerca rifugio e salvezza dalle sbarre della ragione in una femmina di giungla. C’è un filo invisibile che lega il disco, un energia erotica e femminile che ti tiene in piedi in questo mondo di suoni e parole.
Il viaggio continua con “Ballabylonia“, la storia di una ragazza che dalla giungla viene attirata dalle luci della grande città, del villaggio globale. È una Iracema contemporanea e futura, che a suo modo affronta il grande serpente, viene avvolta dalle sue spire in una danza frenetica ed elettrica.
La donna fa sicuramente da filo conduttore tra tutti i brani dell’album, e con il brano “Bandida” abbiamo l’immagine di questa donna indigena, guerriera per natura, e ribelle per cultura. Una cumbia elettronica, un suono di favela, l’incursione del “Colectivo Las tesis”. È ancora una volta la voce di una donna nel chorus.
Con “Lei“, l’immagine della donna diventa l’immagine di tutte le donne, e si sublima in una forza eterna, creatrice, distruttiva, creativa. La crisi di un uomo di fronte all’immagine della donna rappresenta una crisi storica e sociale, e la lotta di lei diventa un messaggio alle generazioni future.
Lei è sparita e restano i titoli di coda. Rimane “Luna“, una ballata struggente sulla separazione e sulla solitudine. Questo brano, e l’ultimo del disco “Paura“, rappresentano il ritorno alla realtà, la presa di coscienza: è come se alla fine del viaggio si aprissero gli occhi, per vedere, per agire, per portare il sogno nella realtà.
Tracklist
- Africa
- Congo
- Cantaré
- Fiume nero
- Agua
- Amazonica
- Banca de New York
- Vagabunda
- Ballabylonia
- Bandida
- Lei
- Luna
- Paura
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