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Sono arrivate anche le dimissioni del premier Hassan Diab, primo ministro del Libano dallo scorso Gennaio. Lo avevano preceduto il ministro della Giustizia libanese Marie-Claude Njam, i ministri dell’Informazione e dell’Ambiente e il responsabile delle Finanze, Ghazi Wazni.
Dopo la dura prova dell’emergenza Covid che aveva già fortemente danneggiato economicamente il Libano, con l’esplosione avvenuta a Beirut, martedì scorso, il peso si è fatto troppo pressante. L’evento, secondo il vicepremier e ministro della Difesa, Zeina Akar: “ha reso necessarie le dimissioni dell’esecutivo”, auspicando in un nuovo governo “onesto ed efficace”. Il ministro della salute, Hamad Hassan ha poi confermato alla stampa che “consegnerà al palazzo presidenziale le dimissioni a nome di tutti i ministri.”
“Chi ha formato questo governo formerà anche il prossimo e di conseguenza la situazione non cambierà.” Così commenta Samir Geagea, leader cristiano maronita delle Forze libanesi, secondo cui le dimissioni del governo di Hassan sarebbero, in realtà, del tutto inutili. Geagea avrebbe poi aggiunto: “Il nostro obiettivo è quello di risolvere il nocciolo del problema, che è in Parlamento”. L’obiettivo sarebbe dunque una riformulazione interna con “elezioni parlamentari anticipate ai sensi dell’attuale legge.”
Le proteste in Libano risalgono, in realtà, al 2019, con l’obiettivo di ottenere la rimozione della classe politica dirigente, l’autonomia dall’influenza di Stati altri, la fine del sistema settario e un’attenzione a riforme sociali ed economiche a favore del Libano. Le dimissioni di Hassan Diab erano così state precedute dalla “fuga” del ex premier Saad Hariri, costretto dalla folla a dimettersi.
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