A cura dell’Avv. Luca Monaco del Foro di Salerno
In un contesto economico difficile, com’è quello attuale, molto spesso chi esercita attività imprenditoriali, commerciali, artigianali o professionali ha sempre maggiori difficoltà nel fare fronte a spese, costi di gestione e al puntuale adempimento degli oneri tributari. Uno degli oneri tributari più importanti, a cui deve fare fronte chi è titolare di partita Iva, è il pagamento dell’ imposta sul valore aggiunto.
Il mancato versamento nei termini di questa imposta, se supera la soglia legale dei 250.000 Euro, costituisce reato. La punibilità è esclusa soltanto ove sia dimostrabile la mancata volontarietà dell’omesso pagamento, ad esempio in presenza di una causa di forza maggiore, che possa scriminare la condotta. Una crisi economica imprevedibile dell’impresa e uno stato di insolvenza, non altrimenti superabile, possono certamente scriminare il mancato assolvimento degli obblighi verso l’Erario ed escludere la punibilità. Ciò in quanto ogni circostanza esterna, che impedisca in maniera assoluta al debitore di adempiere al versamento Iva, se non addebitabile allo stesso, esclude la volontarietà del mancato pagamento. L’onere di dimostrare tali condizioni ostative al pagamento spetta al soggetto inadempiente.
Tuttavia, è opportuno precisare che non sempre la mancanza di risorse economiche esclude la punibilità dell’omesso versamento dell’ Iva. Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato, con orientamento consolidato, che la situazione di crisi finanziaria in cui versa l’impresa non deve essere in alcun modo addebitabile all’imputato. Inoltre, l’ impossibilità di fare fronte all’esborso dovuto deve essere imprevedibile e assoluta, nel senso che non gli consenta alcuna soluzione alternativa per porvi tempestivamente rimedio. In particolare, la Corte di legittimità, III Sezione Penale, con sentenza n. 21270/2018, ha ritenuto fosse punibile un imprenditore che, pur consapevole dello stato di grave crisi in cui versavano sia l’azienda che il mercato in cui operava, aveva proseguito l’attività di impresa.
Tale scelta, infatti, a giudizio del Supremo Collegio, era sintomatica della consapevolezza, in capo all’ imprenditore, che non avrebbe potuto fare fronte, alla data di scadenza per il versamento Iva, al relativo pagamento; consapevolezza, altresì, suffragata dalla circostanza che questi avesse comunque provveduto ad adempiere soltanto a quelle obbligazioni strettamente funzionali e più indispensabili al proseguimento dell’attività. Non soltanto; la Corte, nel caso di specie, ha rilevato anche che l’imprenditore avrebbe potuto ricorrere a procedure concorsuali o di esdebitazione oppure che, nello scegliere le obbligazioni da soddisfare, avrebbe potuto conferire priorità al versamento Iva; in pratica, l’omesso versamento non sarebbe stato inevitabile, del tutto sfuggente al suo “dominio finalistico”. In definitiva, il mancato versamento Iva oltre la soglia legale dei 250.000 Euro non è punibile soltanto se non volontario ma conseguente a una impossibilità assoluta e incolpevole dell’obbligato
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