Politica

Manovra: finalmente le vere cifre escono allo scoperto

Per la Manovra, saranno previsti ben 36,7 miliardi di €. L’impatto positivo sul Pil, almeno nel primo anno, è dello 0,6%

Qualcuno direbbe “Habemus Manovra”. Dopo l’intesa al Consiglio dei ministri di lunedì sera sul decreto fiscale collegato al provvedimento economico più importante del Governo, l’Italia ha inviato a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio.

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Finalmente, inizia a trapelare qualche dettaglio in più sulla cosiddetta legge di bilancio. Su tutte, naturalmente, salta all’occhio quella quota 100 che mira a scardinare la legge Fornero e a riformare il sistema pensionistico italiano. In più, naturalmente, c’è il provvedimento cardine su cui fonda il principio degli stessi 5 Stelle: il reddito di cittadinanza. La legge di Bilancio vera e propria dovrà arrivare alle Camere entro il 20 di Ottobre.

Inoltre, anche i primi numeri economici sono stati resi pubblici, dopo tante polemiche. Le misure della manovra valgono nel complesso 36,7 miliardi nel 2019 ed hanno un impatto positivo sul PIL, nel primo anno, dello 0,6%. All’occhio salta un dato molto importante, ovvero il costo per lo stop delle clausole salvaguardia per quanto riguarda l’Iva.

Il provvedimento, infatti, risulta come il secondo più costoso all’interno della legge, con 12,5 mld di € di costo, superato solamente dal reddito di cittadinanza unito al superamento della Fornero. Un’ipotesi di costo molto singolare, che si confà alle previsioni ottimistiche da parte del Governo sul superamento della crisi che affligge il nostro Paese da fin troppo tempo, ormai. Ma è davvero tutto così rose e fiori?

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L’aumento del deficit

Badate bene, non siamo in presenza di una svolta radicale o eccezionale. Il Governo, infatti, almeno finora, ha seguito le istruzioni dell’Europa (tanto rumore per nulla, direbbe qualcuno) e non ha optato per lo sforamento del deficit. Questo, però, non vuol dire che non sia stato aumentato. L’obiettivo, infatti, è stato portato dallo 0,8% al 2,4%, più che dimezzando l’obiettivo di avanzo primario che passa dal 2,7% all’1,3%.

C’è chi dice che la discontinuità possa essere salutare, che possa portare l’economia italiana verso tassi di crescita più soddisfacenti (si parla addirittura dell’1,5% nel 2019). Tuttavia, per quanto si possa essere sognatori o ottimisti, bisogna scontrarsi con la realtà. E la realtà, ad oggi, dice che bisogna ancora valutare ed aspettare, prima di intraprendere il cammino. Bisogna, prima di tutto, valutare la qualità delle misure introdotte nella Manovra.

Qui bisogna essere chiari, perché c’è il rischio di un tracollo economico abbastanza pesante. L’utilizzo eccessivo del deficit, sforando largamente i suoi limiti, potrebbe portare il Paese a crescere in maniera nettamente più lenta. Come imprimere il cambiamento, allora?

Una soluzione interessante potrebbe essere quella dell’utilizzo dell’extra-deficit, che porterebbe a riattivare sia la domanda interna di merci e servizi sia l’offerta. E qui, il reddito di cittadinanza può diventare un elemento chiave, in quanto permetterebbe a tutti una maggiore spesa, di conseguenza una ripresa di circolo della moneta e un riavvio del flusso monetario (per quanto graduale). Si potrebbe paventare, dunque, un utilizzo nuovo dello strumento sociale cardine della politica pentastellata.

Tutto risolto?

La risposta alla domanda posta qui, nel titolo di questo paragrafo, è chiara e inequivocabile: no. Ad oggi, la Manovra non potrebbe comunque assicurare il riavvio dell’apparato produttivo del Paese. Questo perché il sistema produttivo italiano, ad oggi, non riesce più a competere, né con i mercati euroamericani, né (soprattutto) con i mercati asiatici.

Siccome, nell’apparato statale, la concorrenza è spietata, in quanto c’è un’abbondanza incredibile di aziende medio-piccole, i rapporti finanziari non hanno di certo la stessa potenza di quelli di una major statunitense o di una qualsiasi industria asiatica (che, solitamente, è statale, e di conseguenza ha un muro ben fornito a proteggerla).

Altro punto a sfavore sono le politiche adottate da queste stesse aziende. Oltre ad investire relativamente poco, si investe anche male. Le aziende tendono a far di tutto per spendere quanto meno possibile. Il risultato, naturalmente, è che la qualità del lavoro è nettamente più bassa. Questo è il vero gap da colmare con gli altri Paesi.

Dunque, la vera partita si misurerà su questo difficile piano. Il Governo si gioca un’importante fetta della sua credibilità proprio qui. E dovrà essere bravo a sostenere, contemporaneamente, imprese e lavoratori.

Altrimenti sarà stato fatto tanto rumore per nulla. E la Manovra sarà poco più che un simbolo nominativo.

Antonio Jr. Orrico

Studente al terzo anno di Scienze della Comunicazione, con una passione innata per il giornalismo, per la scrittura, per la lettura e per la musica.

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