Zerottonove

Padula, nuovi aggioramenti sulla scoperta dell’importante necropoli del IV sec. a.C

Nel corso di mirati servizi di monitoraggio del territorio a tutela del patrimonio culturale regionale, i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale (TPC) di Napoli sono intervenuti su un’area di cantiere di Padula da dove erano affiorati manufatti archeologici.

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Nell’area in questione, ubicata nelle vicinanze della Certosa di San Lorenzo, non erano mai state segnalate evidenze archeologiche e, pertanto, sul sito non risultano vincoli culturali.
Tuttavia, nel corso delle attività edili sono affiorati frammenti archeologici appartenenti ad antiche sepolture su gran parte dell’area di cantiere, lasciando scorgere in sezione, all’interno dello scavo, la presenza di numerose tombe cosiddette “alla cappuccina”, parzialmente distrutte dall’attività dei mezzi meccanici.

L’area interessata è stata, dunque, sottoposta a sequestro preventivo su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lagonegro, anche al fine di impedire l’ulteriore distruzione delle evidenze archeologiche e per consentire alla Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino lo studio e l’esame delle sepolture danneggiate e parzialmente visibili.

Denunciate quattro persone

Nella circostanza sono state denunciate all’autorità giudiziaria lagonegrese quattro persone, rispettivamente proprietario del fondo e committente dei lavori, amministratori dell’impresa esecutrice delle opere e direttore dei lavori, per i reati di concorso nel danneggiamento e distruzione di manufatti archeologici, nonché omessa denuncia alle competenti autorità di tutela.
Come disposto dall’A.G. di Lagonegro, la Soprintendenza di Salerno ha intrapreso le previste attività di verifica e scavo stratigrafico sull’area in sequestro, rilevando la presenza di circa 20 antiche sepolture, tra quelle parzialmente distrutte e visibili in sezione, ed altre emerse nel corso delle attività.

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Recuperati 200 reperti archeologici

All’esito di un primo intervento scientifico sono stati recuperati, su tutta l’area in sequestro, circa 200 reperti archeologici di elevato valore storico-archeologico, del valore economico di oltre 1.000.000.000 (milione) di euro, tra cui crateri, lekythos, lebete e pile a figure rosse, pietre e sikhous a vernice nera, stamnos, complessi di ollette, lucerne, ciste bronzee, elmi e pinakes con attestazioni di contesti produttivi (utilizzati per il rito funebre), fibule, un cinturone in bronzo guerriero, monete, tutti oggetti facenti parte dei corredi funerari delle antiche sepolture.

Recuperata una tegola in terracotta raffigurante un uomo a cavallo: un “unicum” nel Vallo di Diano

Nel corso dello scavo scientifico di una delle tombe è stata inoltre recuperata una tegola in terracotta con una particolare incisione raffigurante un uomo a cavallo, definita dagli archeologi un “unicum” tra i rinvenimenti archeologici rinvenuti nella zona del Vallo di Diano, che pertanto sarà presto oggetto di mirate e approfondite analisi.

Dai primi esami è emerso che le antiche sepolture sono parte di una più ampia necropoli databile al V-IV secolo a.C., caratterizzata da un complesso di tombe a cappuccina, a fossa e a incinerazione, molte delle quali ancora integre, con all’interno ricchi corredi funerari, tra cui vasellame di pregio policromo, parte del quale probabilmente decorato dal famoso ceramografo greco Assteas, attivo a Paestum intorno al 350-330 a.C.

Il materiale recuperato nonché l’intera area ancora in sequestro saranno sicuramente oggetto di ulteriori indagini scientifiche da parte della competente Soprintendenza, in collaborazione con la Procura di Lagonegro e il Nucleo TPC di Napoli, al fine di verificare l’esatta consistenza dei danni arrecati al sito e di accertare l’esatta estensione della necropoli scoperta, attualmente sottoposta ad attenta attività di controllo e vigilanza da parte dell’Arma territoriale di Salerno e Sala Consilina.

Redazione ZON

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