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È agli sgoccioli la mostra “François Truffaut poeta dell’immagine”, presentata dall’Associazione & Compagnia Teatroantico, ideata da Cecilia Di Stefano e curata da Giulio D’Ascenzo e Elisabetta Centore sotto la supervisione artistica del critico cinematografico Vittorio Giacci e allestita presso la Casa del Cinema di Roma, in largo Marcello Mastroianni n. 1, all’interno di Villa Borghese.
La mostra che omaggia il regista francese, inaugurata l’8 settembre, resterà aperta sabato 10 e domenica 11 ottobre dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00 (l’ingresso è gratuito) ed è stata accompagnata da una rassegna cinematografica dall’8 al 27 settembre, dove sono stati proiettati alcuni suoi capolavori, due dei quali appartenenti al genere della Nouvelle Vague (“I 400 colpi” e “Jules e Jim”), che sono diventati dei classici del cinema transalpino e mondiale: “Jules e Jim” (1962), un film che racconta di un ménage à trois entrato nella storia della settima arte, “Le due inglesi” (1971), che affronta lo stesso tema, “I 400 colpi” (1959), il suo primo lungometraggio che ha aperto il ciclo dedicato al personaggio di Antoine Doinel, interpretato da Jean-Pierre Léaud.
L’alter ego del cineasta merita una menzione particolare, perché non era mai successo che un personaggio inventato da un regista venisse ripreso nelle diverse fasi della sua vita, dall’adolescenza all’età adulta, girando complessivamente cinque opere dedicate alla serie: oltre alla già citata, la completano l’episodio “Antoine e Colette” del film collettivo “L’amore a vent’anni” (1962), “Baci rubati” (1968), “Non drammatizziamo… è solo questione di corna” (1970) e “L’amore fugge” (1978), ma l’attore feticcio di Truffaut è stato uno dei protagonisti anche ne “Le due inglesi” e nel film Premio Oscar “Effetto notte” (1973), che rappresenta, nel vero e proprio senso letterale, un film nel film. Qui, Truffaut, esprime tutto il suo amore per il cinema, portando sul grande schermo la storia di una troupe cinematografica durante la produzione e la lavorazione di una pellicola, svelando tutti i retroscena e le incomprensioni degli attori che ne fanno parte.
Truffaut e l’attore feticcio Jean-Pierre Léaud
“Mica scema la ragazza!” (1972) è stato l’ultimo film proiettato, un titolo un po’ storpiato (l’originale è “Une belle fille comme moi”); curiosamente, non è la prima volta che accade con i film di Truffaut, anche “La calda amante” (1964), così tradotto, ha un significato totalmente differente dal titolo francese, che è in realtà “La peau douce” (la traduzione letterale sarebbe “La pelle soffice”).
L’esposizione di foto di scena originali, brochure, manifesti, riviste e fotobuste sono testimonianze importanti di questa mostra che, dunque, è un’ulteriore occasione per entrare nel mondo poetico di Truffaut, ispirato dalle sue passioni che sfociano nella letteratura, nel teatro e nel mondo femminile, passando per lo studio approfondito e l’interesse per i classici, fino ad arrivare ai suoi tormenti esistenziali mantenendo viva nello spettatore, seppur in chiave nostalgica, la sua visione della vita e dell’arte.
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